mercoledì 12 febbraio 2020

Pep Guardiola ha da sempre raccontato che il talento non è un dono ma un processo, un apprendimento; non sta all'inizio, ma al termine della formazione e dell’allenamento.
Ciò che non si allena, si dimentica.
Proprio per questo, alla base del rendimento c’è l’allenamento, il lavoro duro.
Non tanto dal punto di vista quantitativo, ma da quello qualitativo.
E a proposito di questo aggiunge che è più importante il concetto interiore che l’aspetto fisico.

L’allenatore trasmette l’idea attraverso le parole, ma il giocatore l'assimila mediante la pratica reiterata, diretta e corretta.
I giocatori vengono convinti dai concetti tattici allenandosi.

Se un concetto tattico si apprende, si apprende solo giocando, perché il gioco è l’unica cosa reale.
Ho trovato questa sua riflessione molto interessante in quanto condivido l'idea che spesso non si tratta di ripetere meccanicamente delle azioni, ma di comprenderne la ratio.
L’allenamento consiste nel fatto che i giocatori prendano delle decisioni, ma talvolta questo non basta perché bisognerebbe anche viverle come esperienza.

Per apprendere bisogna provare, non basta esprimersi.
Per correggere davvero un difetto importante, devi averne sofferto le conseguenze, perché l'errore e la sconfitta sono grandi stimoli per la correzione e lo sviluppo di un concetto.
Adesso capite perché mi piace immaginare che in fin dei conti la nostra vita è solo una difficile ma emozionante partita di calcio?




meraklidikos@gmail.com

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