venerdì 31 dicembre 2021

Quando tutto è oramai pronto per intraprendere un nuovo viaggio, la cosa più importante da fare, prima di ogni altra, è quella di garantire al serbatoio delle nostre passioni quanto più carburante possibile.
Le soluzioni adottabili sono tre: posizionare il selettore della benzina sulla lettera A (aperta) oppure sulla lettera R (riserva).
Nel primo caso non si corre alcun rischio di rimanere a piedi, ma nel secondo decisamente qualcuno in più.
Di certo se si decidesse di lasciarlo sulla C (chiusa), si resterebbe fermi ed immobili per sempre, stanchi per le pedalate date a vuoto alla ricerca di quel sound atteso che purtroppo non arriverebbe mai a risollevarci.
Allora felice ripartenza a tutti i collezionisti di emozioni come me, ai nostri motori sempre fumanti al 2% nonostante i tagliandi regolari e alle nostre carrozzerie rigorosamente a lucido ma sempre più ricche di ammaccature.
Che questo nuovo viaggio porti restauri innovativi meritevoli di targhe oro da avvitare sui nostri telai, opere d'arte da lasciare esposte al mondo intero negli anni che verranno.
Che quest'annata firmata 2022 sia A (aperta) per tutti.




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mercoledì 29 dicembre 2021

Il tempo corre troppo veloce, sfugge via come una metropolitana in partenza dopo aver chiuso le sue porte scorrevoli.
Nonostante ci trasporti verso le stazioni in cui abbiamo deciso di scendere, non riusciamo più a stargli dietro.
Rimaniamo silenziosi al buio delle luci soffuse dei suoi vagoni.
Per non rischiare di cadere, tutti abbracciamo quei gelidi tubi d'acciaio saldati apposta tra i labirinti delle sedute, con gli sguardi incuriositi dalle mosse imprevedibili che potrebbero fare i nostri compagni di viaggio.
Difficilmente ci accomodiamo per leggere un libro; siamo più bravi a tenere gli occhi rivolti verso il cielo per seguire percorsi che spesso non conosciamo.
Decidiamo dove scendere e dove risalire in funzione dei nostri interessi, mentre tutto continua a viaggiare senza la possibilità di tornare indietro.
Siamo fatti per vivere di luce naturale, eppure rimaniamo per troppo tempo sottoterra spaventati da quello che potrebbe capitare alla luce del sole.
La linea rossa di questo 2021 però sta per portarci al capolinea.
Per un anno intero abbiamo viaggiato insieme a sconosciuti e familiari, uomini e donne in cerca di equilibrio, tutti stanchi ed esasperati da regole imposte per una pandemia infinita che a tratti ha violentato le nostre menti e spesso ucciso i nostri corpi.
Tra qualche ora saremo obbligati ad abbandonare la metro.
Cercheremo le scale mobili che tutti affolleranno per sperare di guadagnarsi un po' di luce e ricominceremo a vivere lontano dalle voci tenebre di un interfono che per troppo tempo ha imposto cosa fare e dove andare.
E allora che sia un anno senza guerre, un anno da ricordare per la pace fatta tra i popoli che da decenni si ammazzano per nulla.
Che sia un anno privo di femminicidi, un anno che non porti più volti sfigurati ma immagini di bellezza da gustare.
Che sia un anno senza suicidi, un anno in cui nessuno rinunci alla bellezza della vita nonostante le tante difficoltà da affrontare per amarla.
Che sia un anno senza dolore, un anno privo di sofferenza e stracolmo di sorrisi condivisi e non nascosti da fetide mascherine.
Che sia un anno senza metropolitane, un anno di scarpinate in montagna e tuffi al mare, un anno da ricordare per chi nasce e non per chi muore.
Che sia un anno migliore di quello trascorso, un anno per cui sia valsa veramente la pena di vivere e non di morire.
Che i nostri figli siano i benvenuti a bordo del Boeing 2022.
Possano volare sereni e felici, gustandosi il panorama sottostante.




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martedì 28 dicembre 2021

Ogni volta che vi osservo, ripercorro strade e viaggi fatti insieme a voi, col cuore e con la mente.
Un romanzo bellissimo scritto e un altro inaspettato da scrivere.
La presentazione del primo libro e il desiderio di volerne presentare degli altri.
Le mail che ti inviavo a cui non davi risposte e i messaggi con WhatsApp che continuavano a risultare mai letti.
Segreti e paure, coraggio e sfrontatezza, impegno e ottimismo.
La mia casa, che ieri era anche un pò la tua.
La tua casa, che oggi è anche un pò la mia.
Infine le mie ali, sia ieri che oggi protette e accarezzate da entrambi.
I nostri sogni e i nostri risvegli, i nostri tramonti e le nostre albe, le nostre partenze e i nostri ritorni.
Infine lui, Lorenzo, la risposta a tutto quello a cui non sapevamo rispondere.
Ogni vita merita di essere immortalata dentro una storia, magari una favola sfogliata prima e raccontata dopo dentro un libro colorato da tante belle sorprese inaspettate.
Grazie per il dono che hai deciso di aggiungere alla nostra splendida libreria, oggi più che mai meravigliosamente illuminata alla fine di un anno pazzesco: al suo interno non v'era romanzo più bello.
Lo custodirò per sempre vicino a suoi fratelli più antichi.




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mercoledì 22 dicembre 2021

In questi giorni c'è chi compra regali e chi aspetta di riceverli, chi chiede il permesso di entrare e chi si allontana salutando, chi prepara già da mangiare e chi non vede l'ora che tutto passi in fretta.
In questi giorni c'è chi piange un amore volato in cielo, chi prega per incontrarne uno in terra e chi tra il cielo e la terra si impegna a custodire gelosamente quello che ha già trovato.
In questi giorni c'è chi scalda, chi suona e chi dona; chi cerca, chi è arrivato e chi si perde; chi culla, chi veglia e chi dorme.
In questi giorni ogni cosa diventa presepe, un villaggio silenzioso illuminato da luci soffuse e melodie dolci che invitano a dimenticare chiusure forzate e richiami vaccinali, complotti assurdi e sondaggi pilotati, obblighi improponibili e boicottaggi filosofici.
In questi giorni ci sono uomini mascherati che gioiscono, donne malmenate che soffrono e figli sfortunati che osservano.
In questi giorni Erode e i centurioni sono alla ricerca di chi è colpevole e i re magi coi pastorelli di chi è innocente.
Nel frattempo un papà e una mamma non ci hanno capito niente.
Nel frattempo la stella cometa s'illumina per tutti e il bue e l'asinello continuano a respirare.
In questi giorni ogni cuore dovrebbe aprirsi un po' di più, correre il rischio di esplodere per sempre a patto che almeno una volta incameri quegli attimi d'aria pulita che solo in Natale riesce a inalare.
In questi giorni di sono i folli e i prudenti, gli scettici e i convinti, i babbi e le befane.
In questi giorni ci siamo noi, la mamma e i tuoi fratelli, i nonni e gli zii lontani, le cuginette e il loro desiderio di abbracciarti presto.
In questi giorni c'è chi ama e chi si lascia amare, e nulla vale più di tutto questo.




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lunedì 20 dicembre 2021

Ricordo che ogni volta che vi chiedevo di mettervi in posa per scattare una foto, imprecavate ogni cosa nel vostro dialetto pugliese.
Eppure dovreste ringraziarmi se oggi possiamo godere di certi ricordi.
HELIOS: per aspera ad astra, attraverso le asperità, sino alle stelle.
Questo era il motto che avevamo scelto per il nostro 34° corso Allievi Agenti Ausiliari della Polizia di Stato.
Marzo/Luglio 1993.
Leccesi, brindisini e tarantini contro pochi calabresi e due soli lucani, io e Maurizio.
Giocavate in casa, in una Taranto afosa e inquinata che per quattro mesi ci ha visto marciare insieme agli ordini del tenente Vernile.
Gli appartenenti al 1° plotone obbedivamo alle disposizioni del capo aula Coriolano.
Quelli del 2° al capo aula Marturano.
Quanto lavoro per i nostri due ingegneri laureandi in cerca di pace.
Quei mesi ci hanno trasformato da allievi in colleghi, da colleghi in amici e da amici in padri e mariti di famiglie bellissime, illuminati dall'amore dei nostri amori passati e presenti ed emozionati dai sorrisi dei nostri figli.
La Caserma "Andrea Doria" di Corso Italia 156 era la nostra casa, la nostra mensa, il nostro dormitorio.
Varcata la soglia di quel corpo di guardia vigilato mattina e pomeriggio dal grande Bove, dove gli ordini di servizio erano quotidianamente esposti dalla segreteria dei "mottolesi", tutto diventava familiare.
Il caporale di giornata che controllava ingressi e uscite sospette, la Polizia Stradale sulla destra che Fabio sognava perché ci lavorava suo fratello e il magazzino VECA in fondo al cortile dove lo zio di Nilo prima ti faceva firmare la tessera al SIULP, e poi ti consegnava gli anfibi e il cinturone.
Ricordo che il mio fu costretto a modificarlo con un taglierino eliminandone un pezzo di almeno 10 cm perché era troppo lungo per la mia 42.
Aggiunse con una pinza fustellatrice i buchi che mancavano e col suo dialetto calabrese stretto mi invitò a mangiare di più.
Il lavaggio automatico per le automobili private e di servizio sempre in funzione, le officine del Reparto Mobile sempre piene di mezzi in riparazione e la grigia Alfa 75 Indy del colonnello Dellinoci sempre luccicante ed inavvicinabile.
I testacoda operativi di Varallo, le esercitazioni in bianco con le pistole scariche di Bontempi e i kimono sporchi per le capriole di De Ronzi.
Poi c'eravamo noi, con le nostre risate all'alzabandiera, le nostre pennichelle sui banchi in aula ed i nostri contrappellii impauriti dalla visita del veterinario Nesta, istruttore folle ma di gran cuore.
Quanti bei ricordi.
Tra i più belli le uscite con Sabino a bordo della Campagnola a benzina per fare scuola guida: consumava più di una Ferrari.
Non dimenticherò mai quando all'ultimo momento, il giorno del giuramento, i responsabili della scuola decisero di mettere me e Nilo immobili e impalati con l'M/12 in mano vicino ai VTC (veicoli da trasporto corazzato).
Non ci fecero marciare perché a loro modo di vedere io ero troppo magro e lui era troppo grasso.
Gianluca si fece un sacco di risate nel vederci lì come due manichini vestiti da poliziotti col mitra in mano.
Eravamo tutti poco più che ventenni, sbarbatelli incoscienti ma poliziotti consapevoli che da li a poco ci saremmo ritrovati ovunque in giro per l'Italia con una pistola in fondina e un berretto in testa a trasformare le nostre esistenze.
Sacrifici e lacrime lontane da ogni casa natia per l'amore di una mamma che ancora oggi amiamo nonostante tutto alla follia: la Polizia di Stato.
Milano e Torino, Napoli e Firenze, Bologna e Reggio Calabria: gli agenti del 34° corso A.A.A. HELIOS furono assegnati su tutto il territorio nazionale.
Ci ritrovammo a indossare uniformi diverse.
Dalla tuta verde oliva della DORIA, a quella da Ordine Pubblico del Reparto Mobile.
A qualcuno capitò l'ordinaria di qualche Questura e ad altri ancora gli anfibi alti della Polizia Stradale.
Sandro caro: oggi ci hai fatto piangere tutti.
Eri uno di noi, l'unico capace di ridere sempre, il solo a non incazzarsi mai, il più simpatico e gioviale, il più disponibile e sempre presente.
Chirilli, il grillo, l'amico di tutti, un collega di cui potersi fidare.
La brutta notizia scritta da Cosimo nel nostro gruppo WhatsApp: "Ragazzi: Sandro non c'è più!".
Ho saputo solo stamattina della tua malattia, del tuo calvario, di tutte le sofferenze che hai affrontato per provare a sconfiggere questo brutto cancro che ti ha consumato piano piano il cervello.
Troppo presto per privare i tuoi ragazzi e tua moglie dei tuoi sorrisi; troppo presto per lasciare tutti noi senza parole e con gli occhi lucidi inquadrati sugli attenti davanti allo spaccio-bar in attesa di entrare in mensa.
Troppo presto per abbandonare mamma Polizia e tutto ciò che le hai donato per volare in cielo e non tornare mai più.
Sandro caro.
Penso che nessuno di noi riuscirà mai a dimenticarti, né ad immaginarti lontano ed irraggiungibile.
Rimarrai a scherzare con noi nei corridoi delle camerate, in pizzeria per la meritata libera uscita e sui campi di calcetto a spaccarci di scivolate da cartellino rosso.
Ci hai lasciato nel corpo ma non riuscirai ad andartene con l'anima, perché il tuo sorriso ce lo siamo tatuati tutti nel cuore, insieme a quel "per aspera ad astra" che mai come oggi torna in auge per ricordarci che attraverso le asperità si raggiungono le stelle.
Aspettaci lassù, tra le luci di Natale che ti sei guadagnato a suon di risate, sotto un albero illuminato con appese tutte le foto scattate insieme, seduto dentro a un presepe più vivo che mai dove i figuranti in divisa siamo ancora una volta noi.
Un giorno ti raggiungeremo, quando arriverà il momento che il destino avrà scelto per ognuno di noi.
Allora sì che ricominceremo a sorridere a crepapelle insieme sotto la bandiera tricolore che tanto continuiamo ad amare e che oggi, purtroppo, tutti noi abbiamo lasciato a mezz'asta per te.
Lanceremo ancora una volta i nostri berretti in aria e giureremo ancora di non lasciarci mai più.
Ciao Chirilli.




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domenica 19 dicembre 2021

Il Natale che sta per farci visita dovrebbe essere in grado di riuscire a cancellare cose che non avremmo voluto sentire e frasi che non avremmo voluto pronunciare.
La sua grazia dovrebbe restaurare ogni conflittualità tra noi e le persone con cui non siamo stati in grado di essere perfetti, commettendo in prima persona degli errori involontari e curando in secondo luogo le pugnalate rivevute.
Quella che qualcuno vorrebbe non si chiamasse Natale ma Festa di fine anno, non è una giornata qualunque.
La si aspetta tra luci colorate accese di proposito, magari tra i fiocchi di neve silenziosi che coprono di bianco ogni cosa e melodie lontane suonate con strumenti insoliti da musicanti sorridenti.
Il Natale che sta per arrivare non sarà un Natale come gli altri.
La grotta di Betlemme non è poi così lontana.
Se tra un pacchetto e l'altro provassimo a guardarci un po' di più intorno, le nostre distrazioni farebbero spazio a pause ben più salutari per le nostre anime così duramente provate.
Siamo tutti figuranti in un presepe vivente dentro cui buoi e asinelli scaldano e pastori e re magi vegliano.
C'è chi è diventato papà per la terza volta e chi fratello per la seconda, chi nonno per la prima e chi zio per un numero imprecisato.
C'è chi è sorpreso e chi se lo aspettava, chi condivide il proprio entusiasmo e chi affoga nella rabbia.
C'è chi è ancora alla ricerca della stella cometa e chi, nonostante l'avesse raggiunta, non è in grado di godere della sua luce fino in fondo.
Nella festa che sta per arrivare c'è chi è venuto al mondo per la prima volta, regalando alla sua mamma una gioia indefinita che vale molto di più delle preoccupazioni che potrebbero accompagnare i pensieri legati ai giorni che verranno.
Dentro la grotta delle nostre aspettative non troveremo mai tutto quello che ci serve, ma sicuramente ci sarà quello che potremo offrire.
Lo sa bene chi dispensa sempre sorrisi, chi preferisce passare per lo scemo del villaggio disinteressandosi del giudizio di Erode e dei suoi centurioni, chi si veste da Babbo Natale a quasi cinquant'anni e distribuisce caramelle agli sconosciuti.
Lo sa bene chi avrebbe infinite ragioni per spegnersi ma continua imperterrito a entusuasmarsi, chi si nasconde dentro corazze indistruttibili ma sotto sotto è più fragile di un vaso di vetro soffiato, chi non ha più le forze e meriterebbe di restare seduto eppure tutti i giorni prova a rimanere in piedi.
Lo sa bene chi gode del cielo stellato che in questi sere sta accompagnando le nostre notti, chi è capace di perdonare ogni tempesta a se stesso e ai residenti della sua esistenza, chi sa stare al mondo dispensando mance e complimenti sminuendo gli avari ed i perenni lamentosi.
Tra meno di una settimana veglieremo su ciò che potrà aiutarci a ripartire ancora una volta.
Ci ritroveremo la nostra vita tra le braccia, vestita da elfo e incuriosita da chi la osserverà.
Ci chiederà di non prenderla mai troppo sul serio perché a lei le piace fare sempre brutti scherzi, ma non per vendetta o cattiveria, ma per la piccolezza e l'ingenuità dovuta a noi poveri suoi estimatori distratti.
Giochiamo con lei senza quello stupido timore di sentirci troppo ridicoli, perché sotto l'albero più grande del presepe che allestiremo, ci saranno ancora tanti regali belli da scartare.
Buon Natale mondo.




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mercoledì 15 dicembre 2021

Quaggiù sono tutti matti.
Non pensavo di trovare un mondo così malato, così tanto schiavo delle informazioni che vi rimbombano e così esageratamente condizionato dalle scelte che vi impongono.
Quando mi sono deciso ad uscire allo scoperto, ho trovato volti nascosti e privati dei propri sorrisi, mani consumate dallo sfregamento di un gel disinfettate e corpi provati da un periodo di clausura innaturale.
Mi sentivo decisamente più a mio agio cullato dalle acque che per nove mesi mi hanno ospitato, e quando le stesse si sono rotte per agevolare la mia uscita, mi sono accorto che quello che mi stava aspettando era il paradosso dell'ingresso in una gabbia di matti.
Ho visto uomini e donne col volto mascherato in coda per farsi vaccinare, ma anche uomini e donne manifestare in piazza col volto scoperto.
Cantavano un pezzo triste e di una monotonia indicibile, simile a quel "bella ciao" che mamma e papà ascoltavano quando mi aspettavano guardando la casa di carta.
A dire il vero, se ricordo bene, qualche maschera c'era anche lì.
Il testo era sempre lo stesso e ripeteva qualcosa di simile a "la gente come noi non molla mai".
Ho capito da subito che sarei stato destinato a vivere un mondo già diviso prima ancora che io nascessi, un mondo dentro cui non sarebbe mai esistita la quiete dei corpi che lo abitavano, un mondo fatto di anime apparentemente pure perché vaccinate da richiami dubbi contrapposto ad anime apparentemente impure perché prive di alcuna dose di salvezza.
Un mondo di matti insomma, un mondo fatto di asintomatici e intubati, di scienziati e viroligi, di politici e controllori.
Ed io che mi aspettavo pagliacci e clown per ridere a crepapelle.
Forse, a pensarci bene, li ho trovati sul serio, ma ciò che li differenzia dall'idea che avevo di loro è che non fanno ridere poi tanto e le loro maschere sono meno colorate di quelle che vedevo nei miei sogni.
Vorrei andarmene via da questo circo pieno di animali feroci e scimpanzé antipatici.
Vorrei poter giocare in un parco con tanti alberi da abbracciare e tanti laghetti abitati da famiglie di anatre in coda senza mascherine in compagnia di cigni bianchi e silenziosi che testimoniano la purezza di una guarigione.
Vorrei poter correre a tutte le ore del giorno, respirando tanto green e poco pass senza che nessuno mi fermi per chiedermi di visionare un codice che nell'acqua della mia precedente vita non esisteva.
Vorrei poter vivere la vita che merito, bevendo latte buono, passando tra un abbraccio e l'altro di volti scoperti e sorridenti e facendomi sbaciucchiare da chiunque avesse voglia di farlo.
Spero di riaprire gli occhi e dimenticare tutto in fretta, convinto di aver vissuto solo un brutto sogno in una notte buia infettata da istanti ammalati, perché la vita che merita il giorno illuminato dal sole è tutta un'altra cosa.




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venerdì 3 dicembre 2021

Buon compleanno mamma.
Buon compleanno a te che sei paziente e sai rendermi felice, a te che rendi importanti tutte le giornate colorandole di ottimismo, a te che sei la mia Regina e ogni giorno mi fai sentire un Re.
Buon compleanno a te che sai bene quel che conta veramente, a te che conosci la dolcezza, a te che ami instancabilmente e senza fine.
Buon compleanno a te che sai e che certamente saprai, a te che sei e sicuramente sarai.
Buon compleanno mamma, e grazie per ciò che doni quotidianamente a me e ai miei fratelli più grandi, a papà e ai nonni, agli zii e a tutti quelli che hanno e avranno la fortuna d'incontrarti.
Grazie mamma per tutto l'amore che ogni giorno regali al mondo intero.
Buon compleanno mamma.

Lorenzo




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venerdì 26 novembre 2021

Ho visto tante scarpe rosse oggi.
Tanti servizi in televisione e altrettanti articoli sui quotidiani nazionali.
Ho letto numeri e statistiche, storie e copioni, fughe e ritorni.
Ho visto tante scarpe rosse oggi.
Tanti volti di donne impaurite e altrettante espressioni di uomini indignati.
Ho ascoltato canzoni emozionanti, discorsi impressionanti e condanne mortificanti.
Ho visto tante scarpe rosse oggi.
Erano spaiate come calzini perduti, silenziose come anime abbandonate e insanguinate a causa della vigliaccheria di chi avrebbe dovuto prima proteggerle e poi amarle per sempre.
Cos'è la violenza sul volto di una donna se non la peggiore conferma della sconfitta di ogni uomo?
E a quanto possono servire gli insufficienti provvedimenti giurisprudenziali dinanzi ai bollettini di guerra che quotidianamente continuano a raccontare i numeri che qualcuno oggi ha ufficializzato?
Qualcosa sta cambiando, è certo, ma siamo solo all'inizio.
Spero che questo mondo "supergreenpassato" si addormenti in pace, cullato dalla dolcezza di una carezza e bagnato dalla passione di un bacio, le uniche cose che ogni donna dovrebbe ricevere prima di ritornare a sognare.
Ho visto tante scarpe rosse oggi.
Spero di non vederle mai più se non indossate da mogli sorridenti, figlie protette dei loro papà e bambine giocose innamorate della vita.
Evviva tutte le donne, specie quelle coraggiose grazie alle quali domani mattina il sole splenderà più caldo che mai.




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martedì 23 novembre 2021

Questo scatto é dedicato a chi si sente ineguagliabile, a chi è convinto di essere più furbo, a chi crede di essere il migliore.
Un'immagine dedicata a quanti non sanno più cos'è un sorriso, a chi non è più in grado di badare a se stesso, a chi è solamente capace di giudicare senza concedere mai attenuanti.
I protagonisti di questa foto sono semplicemente segretari in attesa, colleghi travestiti da soldati a fine corsa, cavalieri apicali prossimi alla pensione.
Fiamme dorate, argentate e gialle che non aspettano la pausa pranzo per sorridere, ma provano a trasformare ogni giornata lavorativa in una nuova occasione per vivere al meglio.




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venerdì 19 novembre 2021

Se un virus è riuscito ad ammazzarvi, il vaccino che avrebbe dovuto curarlo è stato in grado di dividervi.
La stampa racconta, la televisione annoia e la piazza spaventa.C'è chi non perdona, chi odia a priori e chi strumentalizza cavalcando l'onda.
Chi trascorre ogni sabato sera a manifestare cantando "la gente come noi non molla mai", chi implora di mettere giù le mani dai bambini come me e chi invece se ne fotte e si sdraia sul divano di casa a guardare la nazionale di calcio fresca campione d'Europa ma sempre più lontana dai mondiali.
Quando dormo, sorrido e sogno gli angeli che mi girano intorno, ma quando resto sveglio rimango incantato ad osservare un pianeta che non avrei mai immaginato di abitare.
Lassù mi avevano garantito un mondo completamente diverso da quello che mi ha dato il benvenuto il 3 settembre.
Mi avevano assicurato che le montagne che avrei scalato ed i mari dentro cui mi sarei immerso non avrebbero certo avuto bisogno di eventi internazionali per sentirsi protetti dalla loro bellezza.
Oggi gli uomini che lo abitano se non hanno la mascherina hanno la maschera, ed è sempre più difficile imparare a distinguere i buoni dai cattivi.
Quaggiù gli sposi ammazzano le spose con cui hanno condiviso una vita intera, si rapinano vicendevolmente con violenza per assicurare alle proprie tasche pochi centesimi e corrono, corrono, corrono senza sapere dove vogliono arrivare.
Sono tutti maratoneti vestiti da mostri incattiviti simili a quelli da eliminare che di tanto in tanto s'incontrano nelle favole.
Mi piacerebbe un sacco risvegliarmi e poter godere solo dei miei giochi, delle canzoncine improponibili nel testo e nella musica di papà, oppure dei massaggi dolci e lubrificanti della mamma.
Vorrei essere cullato tutto il giorno dalle braccia forti della nonna e continuare a sorridere alle facce emozionanti e commosse del nonno.
Immaginare di giocare quanto prima a calcio con Samuel e Christian per riaddormentarmi stanco alla sera tra le fusa di Ice e Vinicio.
Non avrei mai voluto conoscere la parola pandemia, eppure ho dovuto aggiungerla al vocabolario delle assurdità per i femminicidi, la rabbia delle manifestazioni di piazza e l'indifferenza nei confronti di un pianeta in frantumi.
Beato il mio mondo e povero il vostro. Crede di essere ricco, ma non si accorge di quanto tempo sta perdendo per non impoverirsi ancora di più.
Me ne accorgo io che ho visto la luce da soli due mesi, figuriamoci chi è quasi giunto al tramonto di questo viaggio così maledettamente adorabile.
Mi spiace davvero tanto per chi continua a correre distratto e concentrato solo sui tempi, per chi continua a cantare ridicolizzando chi ha mollato e per chi proprio non ce la fa più a guardarsi intorno godendo della tanta bellezza che ancora è a disposizione di tutti per vivere.
Sapete che c'è di nuovo?
Che io torno a sognare i miei angeli, ridendo sorpreso per ciò che hanno ancora da sussurrare.
Nessuno riuscirà a trasformare la mia vita in una battaglia da dover necessariamente combattere.
Ho avuto la fortuna di nascere in collina, dentro una contea a statuto speciale dove amore e sorrisi regolamentano ogni mio risveglio.
Il vaccino "anti-odio" mi è stato già somministrato da chi mi ama e francamente non ho riscontrato alcuna controindicazioni a questa puntura.
Almeno per quell'ago, fate la coda a tutti i richiami possibili.
Chissà, magari il vostro mondo ha bisogno solo di questa ultima campagna vaccinale per cominciare ad assomigliare un po' di più al mio.




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mercoledì 27 ottobre 2021

Meglio rimanere bambini: a maturare molto si rischia di marcire...




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lunedì 25 ottobre 2021

Dopo un sondaggio minuzioso, oggetto di attenti studi e ricerche accurate, ho appurato che la domanda più frequente rivolta ai genitori di un neonato è questa: "La notte vi lascia dormire?".
La risposta a cotanta premura da parte dei curiosi, si cela nella foto sottostante, immagine in cui è evidente uno stato confusionale di ebbrezza sonnambula che lo scrivente tenta di curare col maestoso YouTube in attesa di leggere al lattante dolci fiabe.




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sabato 23 ottobre 2021

Sono giorni grigi, tempi difficili in cui bisogna rimanere uniti e non fare il gioco sporco di chi vuole a tutti i costi che accada il contrario.
Ricordiamoci da dove arriviamo e non dove la storia degli ultimi giorni ci ha portato.
Tante scommesse vinte nei confronti di chi ci ama ancora e tanti sforzi per provare a infondere stima a chi oramai non ci ama più.
Ordine pubblico, attività investigativa, prossimità e prevenzione: le numerose e discrezionali decisioni prese e (spesso) prive di talune tutele, raccontano che il nostro lavoro ha imposto coraggio, impone fiducia e dovrà imporre necessariamente credibilità a un mondo che qualcuno sta allontanando da noi, rendendo la visione delle cose sempre più nebbiosa e meno trasparente.
Qualcuno, sì.
Il palazzo chiede e noi rispondiamo non perché siamo caproni come tanti dicono, ma perché amiamo il nostro paese bisognoso di una ripulita dalle ingiustizie frutto di scelte politiche sbagliate e malato di pregiudizio verso chi di fatto non c'entra niente.
Servi del potere?
Può darsi, ma non diventeremo mai schiavi di chi usa la violenza per recriminare un diritto, anche se lecito.
Siamo sempre e solo noi ad altalenare tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, coi nostri pensieri silenziosi coperti dai caschi e nelle nostre tute da Ordine Pubblico sporcate da uova verniciate.
Vivere il timore di violare il sacrosanto diritto di manifestare non è per niente facile, per questo chiediamo scusa a chi resta seduto col rosario in mano, ma non di certo a chi con spranghe e cappuccio pensa di poterci fottere.
È giunto il tempo delle disdette, ma presto verrà quello delle adesioni.
Un sindacato serio ragiona, non agisce d'istinto e non scende mai a compromessi con l'amministrazione a cui appartiene ma, che piaccia oppure no, è la rappresentatività a giocare un ruolo importante in tutto questo.
Essere in tanti è fondamentale per provare a cambiare qualcosa dentro un sistema che qualche tempo fa era decisamente più semplice da raccontare, ma che oggi si è trasformato in un giocattolo complicato che raramente concede repliche.
Noi continueremo a provarci e a metterci la faccia...e la firma!




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martedì 19 ottobre 2021

Quando hai due ali così è facile fare l'allenatore.
Le metti in campo al posto giusto, le aiuti a gestire al meglio le forze e regoli ogni equilibrio per evitare che non si stanchino troppo.
Quando hai due ali così è facile vincere ogni trofeo che ti giochi.




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martedì 12 ottobre 2021

Nel 1981 avevo otto anni, nel 1991 diciotto e nel 2001 ventotto.
Samuel è nato in quell'anno, tre anni prima di Christian.
Nel 2011, quando ho smesso di giocare a calcio, ne ho compiuti trentotto.
Poi tutto è volato via come un soffio di vento fino ai giorni nostri, rampolli di un 2021 indimenticabile in cui è arrivato il piccolo Lorenzo a riaccendere il quadro di una tanto auspicata ripartenza.
Stanotte mi accorgo che è veramente semplice arrivare ai quarantotto raccontandomi in così poche righe, ed è davvero un azzardo correre veloce nella macchina del tempo che ho guidato fin qui.
Addirittura mi ritrovo a festeggiare il compleanno felicemente sdraiato dentro l'ennesimo 13 ottobre colorato d'autunno.
Nessuna selezione per lo Zecchino d'Oro da presentare e nessun CBR 600 sopra cui sedersi per farsi immortalare.
Nessun concorso in Polizia per cui studiare e nessuna vespa arrugginita da restaurare.
Tra le tante rimane un'immagine dentro cui sorridere, una foto con i sassi di Matera a fare da sfondo a chi si addormenta bambino e si risveglia adulto, stralunato dentro il presepe silenzioso del proprio vissuto.
L'assenzio della giovinezza è terminato, ma solo a quest'età ci si rende conto che di monumenti da visitare ce ne sarebbero ancora tanti.
Quello che racconto sono pezzi di puzzle che scorrono nella galleria del mio telefono.
Foto archiviate dentro un album capiente quanto un numero: il quarantotto, ben disegnato con cinque multipli di otto.
Rappresentano immagini che accompagnano ricordi e speranze sempre più vicine allo scoglio dei cinquanta.
Samuel mi rimprovera spesso di essere un ciccione goloso di cioccolato.
Christian un mangione di Haribo.
Per fortuna Lorenzo non parla ancora, altrimenti arricchirebbe la lista della spesa con ulteriori dolciumi.
Quanto è bello però voltarsi indietro e vivere la consapevolezza di ciò che siamo stati.
Riconoscere la bellezza di quello che ci ha reso fieri e la magrezza degli errori che certamente oggi non faremmo più.
In giorni come questi non resta che l'amore per la propria famiglia, il rispetto per il lavoro e la passione per qualcosa da collezionare.
Il presente raccontato come il passato, in brevi archi temporali immortalati dentro tante immagini sfuocate e poche parole disordinate
Non è giusto darlo per scontato, ma ricoprirsi di qualche ruga a favore della possibilità di raccontarsi ancora, rende tutto simile a un privilegio stupendo.
Sicuramente nelle giornate che verranno continuerò a cercare una valida ragione per sorridere sempre a discapito delle preoccupazioni che immancabilmente si paleseranno.
Proverò ancora a considerarmi un ragazzo cresciuto, dimenticando di essere in realtà un uomo con la barba colorata di sale e di pepe timoroso del futuro.
Aprirò il cuore agli avidi di sorrisi, a quelli che sigillano le loro giornate dentro pregiudizi e invidie inutili, a quelli che conoscono molto bene gli insegnamenti ma dovrebbeto studiare un po' di più l'arte dell'ascolto.
Io fin qui ce l'ho messa tutta.
Spero solo che i fotogrammi dei miei primi quarantotto anni possano raccontare questo sforzo a chi avrà il piacere o la sfortuna di osservarli.
In fin dei conti siamo tutti multipli degli anni che viviamo, numeri addizionati, sottratti, moltiplicati e divisi nelle operazioni delle stagioni che cambiano di mese in mese colore e temperature.
Sarà meglio rallentare senza rischiare di farsi male piuttosto che correre e ferirsi gravemente.
Ricercare la proporzione perfetta, la bontà del proprio animo e un equilibrio interiore dentro cui provare a sviluppare al meglio ogni emozione della vita, per ottenere quanti più possibili risultati vicini a quelli attesi.
È questo l'augurio più bello che faccio a tutti, me compreso, in questo giorno di festa: buon compleanno Rocco.




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domenica 3 ottobre 2021

Quando eravamo ragazzi trasgredire equivaleva a trascorre intere nottate nei garage freddi dei condomini in cui abitavamo.
Io non mi ritenevo fortunato nonostante ci fosse l'officina di papà, perché il mio boss non concedeva alcuna modifica al Bravo arancione che mi aveva regalato.
I ciclomotori degli anni 80 si prestavano a una miscela magra per andare più forte.
La si preparava alternando la sostituzione dei carbutatori 12/12 Dell'Orto con i 24/24 irregolari.
Le marmitte omologate originali venivano prima bucate e poi rimpiazzate con le piccole Polini o le minuscole Leo Vinci.
I più bravi limavano pure i travasi del condotto che univa il carter della pompa con la camera di combustione passando per il cilindro.
Il pistone controllava quel raggio di luce al suo interno.
Più ampia era e più spinta dava al ciclomotore in accelerazione per impennarlo.
Piaggio, Fantic Motor, Malaguti e Rizzato.
Super Bravo, Issimo, Fifty e Califfone.
Per i ragazzi della notte trascorsa in garage, l'unica paura veniva dai controlli dei Vigili, della Polizia o dei Carabinieri.
A me bastava mio padre, perché era lui il mio sequestro assicurato.
E pensare che oggi i ragazzi del giorno viaggiano in monopattino.
Non conoscono i carburatori sostituiti dalle iniezioni elettroniche e quando gli si parla di 2%, a tutto pensano tranne che alla percentuale di olio con cui un tempo si miscelava ogni litro di benzina super.
Alla luce del sole non guasterebbe certo un pieno di miscela fatto di storie antiche e moderne.
Forse di notte riusciremmo a dormire tutti più tranquilli e senza paure




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martedì 28 settembre 2021

Certe notti per dormire mi metto a leggere e invece avrei bisogno di attimi di silenzio.
Certe volte anche con te (e sai che ti voglio bene) mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione.
Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca.
Mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali.
Non servono tranquillanti o terapie:
ci vuole un'altra vita...e la mia sei tu.
Su divani abbandonati a telecomandi in mano, storie di sottofondo:
"Dallas" e "I ricchi piangono".
Sulle strade la terza linea del metrò che avanza e macchine parcheggiate in tripla fila, e la sera ritorno con la noia e la stanchezza.
Non servono più eccitanti o ideologie: ci vuole un'altra vita...e la mia sei tu.

(Franco Battiato - Un'altra vita)




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lunedì 27 settembre 2021

Stazione Porta Susa di Torino. Saliamo alle 14:29 sulla carrozza 5 del treno ITALO 8147.
Io e Giorgia occupiamo i posti associati ai nostri biglietti.
Sono il 35 e il 36.
Viaggiamo in direzione Roma per un un appuntamento di lavoro che ci vedrà impegnati domani mattina alle 11:00.
In questo istante ITALO sfreccia nella direzione opposta alle nostre sedute, ma fino a qualche ora fa non era così, perché la visione del panorama offerto dal nostro finestrino era regolare e priva di sorprese.
Posti occupati e posti vuoti.
Gente che legge e gente che dorme.
Qualche passeggero urla in lingua inglese perso in una videoconferenza di lavoro.
Due amici di viaggio poco distanti da noi, si raccontano avventure sessuali segrete e mai raccontate per timore di essere scoperti.
Il controllore è già passato due volte per sincerarsi del nostro regolare permesso di soggiorno in questo mondo malato.
Prima il green pass, poi il biglietto.
Questi uffiiciali vestiti da vigili col leprotto dorato, sembrano tutti incazzati.
Danno l'impressione di voler godere nel beccare qualche abusivo o disattento al rispetto delle regole imposte da questa emergenza chiamata COVID-19, che molto di più si respira rimanendo seduti sopra i sedili grigi di questo quadrupede da corsa rosso.
La macchinetta del caffè ha prezzi improponibili.
Aspettiamo di arrivare a destinazione per colorare di caffeina le nostre labbra.
Le comunicazioni che preavvisano la stazione di arrivo sono in italiano prima e in inglese dopo: snervanti e assordanti perché ripetitive e metalliche.
Mi chiedo se tutti questi volti spaventati coperti dalle mascherine più strane abbiano nascosti gli stessi sorrisi che un tempo coloravano questi viaggi.
Non riesco a decifrare cosa passa nella mente di tutti gli zombie impauriti seduti e immobili come noi.
Nessuno riesce più a perdersi osservando la vita che sfuma veloce fuori dai finestrini che il caso gli ha assegnato; da contro tutti sembrano esperti ad incrociare lo sguardo di chi come me si alza per andare in bagno e si sente fotosegnalato dagli accertatori dela corretta posizione della mia mascherina.
Poveri noi, schiavi delle paure che ci hanno iniettato e soggiogati dalle stampe delle certificazioni verdi.
Non vedo l'ora di arrivare a Trastevere, lì dove portano tutte le strade, per sedermi a un tavolo all'aperto e gustare di quella libertà dimenticata che oramai in posti come questi non si respira più.
E pensare che per gli uomini i treni della speranza dovevano rimanere solo un brutto ricordo, eppure in viaggi come questo la stessa speranza mi va d'immaginarla come l'ultima sorella a dover morire.




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sabato 25 settembre 2021

La soddisfazione si assapora gustando con calma ogni ingrediente appartenente al piatto che ti è riuscito.
Dentro puoi trovarci qualche dissapore, equilibri agrodolci non rispettati alla perfezione o disegni astratti contenuti nell'impiattamento diverso da quello che avevi immaginato di preparare.
Quando condividi le tue ricette con i commensali della tua ristorazione, non temi il loro giudizio, ma osservi ciò che capita quando ingoiano i singoli bocconi delle tua specialità.
Sai di non essere l'unico cuoco impegnato dentro la cucina dell'educazione, ma ogni visita guidata e non fatta ai fornelli del tuo impero, ha sempre un ritorno soddisfacente.
Ho preparato sul tavoliere della vita un gran bel piatto, che inorgogliosce le mie scommesse e premia le mie preoccupazioni.
Non l'ho fatto da solo però.
Devo ringraziare molte figure presenti tra i fumi inevitabili delle cotture.
Ognuno ha fatto la sua parte e per tutti c'è stato e rimarrà per sempre il giusto riconoscimento per l'amore mostrato e le attenzioni investite.
Non si realizza un capolavoro profumato senza l'aiuto di figure mosse dalla tua stessa passione, ma è certo che lo si può ottenere anche quando mai nessuno ti ha insegnato a cucinarlo.
È l'amore che rende il cielo...stellato.




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giovedì 23 settembre 2021

Quando mi dicono che sono pazzo per aver deciso di diventare di nuovo papà dopo diciassette anni, sorrido e penso alle mie ali più grandi.
Mi chiedo se per molti il tempo rappresenta solo un tempio, quando invece per me è sostanzialmente quello che hai scritto alla sua ombra.
Costruire un tempo nuovo vale quanto la bellezza di poterlo ricordare in una vita lontana da quella attuale, sotto la maestosità dei templi che solo in pochi, purtroppo, saranno in grado di riconoscere come rari.
Quando mi chiedono se sono felice per aver deciso di diventare di nuovo papà dopo 17 anni, sorrido...e penso a quanto sarebbe bello se ogni uomo potesse avere tante ali con cui poter volare invece di rimanere a terra a rimuginare il letame simile a quello che io adoro trovare nei pannolini.




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mercoledì 15 settembre 2021

Caro Rosario.
Non ho idea di quanti anni siano passati dal giorno in cui ci siamo conosciuti, ma rispetto a te mi sono sempre sentito più vecchio, anche perché così era allora e così è ancora oggi.
Scrivo di te in questa notte di settembre perché la tua visita a casa ieri ha smosso inaspettatamente qualcosa.
Ho pensato a quante volte ci hanno scambiato per fratelli e a quante volte abbiamo pure confermato che fosse veramente così per prendere in giro i curiosi della domenica.
Ho pensato alla tua Sicilia e alla mia Basilicata, ai colori della tua famiglia tanto simili a quelli della mia, alla forma delle strade che hai percorso, tortuose e asfaltate più o meno come quelle che hanno interessato anche i miei viaggi.
Tante cose belle.
Tante cose brutte.
Le mezze maratone, i giri di pista in Ferrari e gli arancini cucinati da Simona.
E poi Victor, Dante e la mia separazione.
Eleonora, la mia ripartenza inaspettata.
Le vasche in via Garibaldi, le notti al CIE e gli accompagnamenti fuori sede.
Il tuo silenzio palermitano e le mie polemiche da brigantaggio.
Il tuo sorriso finale rompeva sempre ogni duscussione intrapresa con chi si lamentava, un sorriso ghignoso a confermare ciò che io puntualmente esternavo e tu ascoltavi in silenzio.
Custodivi sempre le tue idee senza parlare, in attesa di confermare la tua condivisione solo dopo che io le rendessi pubbliche.
Vecchio volpino dagli occhi di ghiaccio.
Nonostante non fossimo vatussi, siamo sempre stati in grado di non farci mettere i piedi in testa da nessuno.
Ieri sera, mentre ti vedevo andar via, ho pensato al tuo libro e al mio, a ciò che abbiamo già scritto e a ciò che scriveremo ancora.
Chissà cosa capiterà quando te ne andrai da Torino e mi ritroverò a ricordarti come un amico lontano a cui ho voluto veramente bene.
Ma non è questo il tempo per parlare al futuro, e forse neanche quello per utilizzare il presente.
Bisognerebbe essere in grado di mescolarli tutti col passato per gustare della bellezza della nostra attuale amicizia.
Tu sei il mio ricordo in divisa.
Allo stadio, entrambi lontani dai contingenti ma vicini di zona.
L'unica cosa buona che ci rimaneva da fare rimanendo in segreteria era metterci a guidare le Grandi Punto bicolori comandate dai responsabili di settore.
E allora giù con i nostri nomi stampati nelle note di fine servizio a fare invidia al resto della truppa.
Tu sei il mio ricordo in borghese.
In piazza e nelle sale congressi degli hotel del centro, a trascorrere ore interminabili o giornate passate velocemente con una radio in mano che trasmetteva cronache decisamente più operative.
Tu sei il mio ricordo sindacale, l'amico che ripone fiducia nell'amico, esponendosi sempre e comunque nonostante le tante chiamate inviate prive di risposte, nonostante i boschi della Val di Susa sognati diversamente ma ritrovati più impervi di prima, nonostante le continue richieste di uomini e gli smontanti previsti e non fruiti.
Non importa che il mondo conosca alla perfezione ciò di cui stiamo parlando.
Quel che conta è che il mondo sia certo che io e te abbiamo sempre avuto qualcosa di cui parlare.
Il tempo non lo fermi, e anche quando sarebbe utile farlo per prendersi quello strettamente necessario per decidere quale auto civile guidare ed in quale settore del mondo andare, ti accorgi che lui vola, viaggia alto prendendoti in giro e giudicando ogni scelta da lassù.
Caro Rosario, caro amico mio.
Ovunque andrai, qualsiasi cosa farai ed in qualsiasi momento tutto questo capiterà, mi troverai sempre al tuo fianco, pronto ad abbracciarti forte, come spesso abbiamo fatto ultimamente.
Proverò a rimanere attento, ad ascoltarti in silenzio ed in rispettosa attesa che il tuo sorriso cancelli ogni preoccupazione come ha sempre fatto.
Hai ragione tu, questa foto fa cagare, ma è vera, reale e piena di sorprese.
Tu sei senza collo e sembra addirittura che ti manchi un braccio.
Mi da l'impressione che qualcuno abbia montato il tuo volto sopra il corpo di qualcun altro.
Io in infradito, tu con le Hogan: sembri persino più alto di me.
Tante rughe e col monumento ai caduti in testa io.
Un viso ancora giovane e ancora tanti capelli da pettinare tu.
Il monumento ai caduti io, stracolmo di capelli
Potevamo sceglierne una più bella tra le tante scattate negli anni, ma forse è giusto lasciare in questa pagina del nostro diario la mia camicia di jeans stretta indossata per l'occasione abbracciata alla tua camicia di cotone sudata dal mattino in ufficio.
Che la vita continui pure a raccontare i nostri difetti, quelli simili alle sorprese immortalate dentro alla nostra ultima fotografia.
Sarà il ricordo di quello che rimarrà veramente a confermare che non serve molto per considerarsi amici: basta essere veri come noi.




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sabato 11 settembre 2021

11 settembre 2001/11 settembre 2021

Quella mattina eravamo a Potenza.
Ci trovavamo all'interno dello Stadio "Alfredo Viviani" per seguire l'allenamento  pomeridiano della squadra locale.
Samuel aveva appena 2 mesi di vita, era nato il 5 luglio, ed io gli avevo promesso che lo avrei portato quanto prima in quell'ovetto sulle gradinate della mia curva preferita a vedere il Potenza.
Ricordo che frignava in braccio al nonno che non vedeva l'ora di commentare esercizi e scelte tecniche dell'allenatore Pasquale Arleo, reduce da un triplete dilettantistico niente male.
A Potenza, almeno all'epoca, c'era l'abitudine di entrare e uscire dallo stadio durante gli allenamenti per andare a gustare il caffè da Locatelli, una caffetteria antistante l'ingresso principale del campo sportivo.
Amici e tifosi sconosciuti, entravano e uscivamo da quell'ingresso commentando sempre e rigorosamente in dialetto quello che accadeva prima dentro e poi fuori.
Un mondo colorato solo di rosso e di blu, ed uno rumoroso e fastidioso fatto di notizie e pettegolezzi che arrivavano da pianeti diversi ben lontani dal tempio sportivo del capoluogo lucano.
Noi uomini del nord rimanevamo sugli spalti incuriositi da tutto questo, sempre attenti ad osservare il campo di gioco e perennemente pronti a commentare ogni passaggio.
Ricordo che un tifoso si sedette di fianco a noi raccontando di aver visto alla televisione del bar Locatelli che un attacco terroristico senza precedenti aveva colpito gli Stati Uniti.
Ovviamente vi risparmierò il testo stracolmo di imprecazioni in stretto dialetto potentino, condividendone la sola traduzione in italiano.
Una vera e propria dichiarazione di guerra, aveva colpito gli Stati Uniti.
Erano le 14:45 circa sui nostri spalti, le 08:45 in America.
Un aereo si era schiantato contro una delle torri gemelle del World Trade Center a New York.
Sembravamo tutti robot impietriti, tifosi trasformati in manichini inconsapevoli che quel film fosse solo all'inizio perché da lì a poco sarebbe continuato.
Infatti tutto ciò che accadde di seguito è tragedia che ha scritto la storia, una triste storia.
Alle 09:05 un secondo aereo si schianta contro l'altra torre del World Trade Center.
Alle 09:33 si apprende che uno degli aerei kamikaze era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da Boston.
Alke 09:40 la polizia americana comunica ufficialmente alle persone vicine al World Trade Center che un terzo aereo sarebbe potuto avvicinarsi alle due torri, ma alle 09:45 un incendio brucia mezzo Pentagono.
Alle 10:07 il primo grattacielo colpito a New York non c'è più.
Stessa cosa accade alle 10:27 alla seconda torre del World Trade Center.
Morti e feriti non si contavano e i nostri commenti calcistici si trasformarono in tristi considerazioni indirizzate ai responsabili di quella tragedia.
L'entusiasmo di sentirsi parte fino a quel momento di un puzzle fatto di cori e striscioni che sigillavano una passione, rese tutti nomadi, traghettati e confusi in un mondo decisamente più realistico, fatto di sangue e macerie.
Oggi Samuel ha vent'anni, studia Lettere classiche, torna allo stadio potentino appena può, ma legge ancora di quell'attentato.
Il Potenza è in serie C, il bar Locatelli continua a preparare caffè ma l'Afghanistan è in mano ai talebani, con donne rinchiuse e coperte dal burqa e bambini intrappolati che non sapranno mai cosa vuol dire tifare per una squadra di calcio.
Il nostro mondo è rosso e blu come lo era allora, giallo e verde da qualche parte, azzurro e bianco in altri posti ancora.
Il calcio sembra la metafora perfetta per colorare l'occidente, ma è certo che dopo vent'anni i saccenti delle politiche internazionali non sono stati ancora in grado di sconfiggere il terrorismo, anzi, abbandonano definitivamente i civili disperati dalla repressione di questi carnevaleschi criminali.
Mi chiedo se fa male chi continua ad aspettare solo il weekend per entrare negli stadi a tifare per la propria squadra del cuore, disinteressandosi di quello che accade oltre i confini dei tanti "Alfredo Viviani" sparsi nel mondo, considerata la sconfitta a tavolino della partita contro il terrorismo.
Mi chiedo come si possa ancora accettare quanto sta accadendo a Kabul ed in tante altre città del mondo, rivedendo ripetutamente, in una giornata come questa, le immagini in televisione di quelle torri che si sbriciolano come pan grattato.
Mi chiedo se ci sarà mai un giorno in cui potrò godere dopo ulteriori vent'anni con mio figlio Lorenzo, di un mondo diverso, fatto di cori che inneggiano alla pace e striscioni che raccontano la solidarietà per i più deboli, quella vera e priva di armi.
Io a questa curva sul mondo ci credo, devo crederci, perché la bellezza di ciò che non crolla vale più di ciò che uccide in nome di un Dio.
A questo punto è meglio che la fede rimanga esclusivamente calcistica, piuttosto che averne una capace di tirare giù altre torri.
Onore agli americani dispersi, a quelli deceduti e a chi racconterà per sempre quella tragedia seduto sopra una sedia a rotelle.
Noi però non rimaniamo comodi al bar Locatelli a gustare un caffè, oppure sulle gradinate colorate a commentare le diagonali difensive degli altri, perché per difenderci da questi terroristi purtroppo non basterà cantare, ma scendere in campo.




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giovedì 9 settembre 2021

Quando mi capitava d'incontrarti in giro per Chieri con uno dei miei motorini, mi ripetevi sempre la stessa cosa:
- Collè: prima o poi te le sequestro tutte ste cazzo de biciclette...
Pazzesco.
Avevi il sorriso sempre stampato in volto, eppure un malumore nascosto, invisibile ma conosciuto a tutti, ti stava consumando la vita.
Abbiamo sottovalutato quanto bisogno di attenzione avevi, quanto silenzio interiore c'era in fondo alla tua stravaganza e quanto desiderio d'aiuto imploravi raccontandoci la tua forza, la tua onnipotenza e la tua finta sicurezza.
Abbiamo provato a farti sentire il migliore, ognuno con le proprie forze e ciascuno con i propri mezzi, ma evidentemente abbiamo sbagliato qualcosa.
Forse siamo un po' tutti responsabili di questa tragedia assurda, che non coinvolge solo te ma chi ti ha amato, chi ti ha voluto bene e chi stasera, come me, continua a chiedersi cosa sarebbe servito per evitare tutto questo.
Perdonaci Fabio.
Perdona me e chi con me avrebbe potuto e non ha fatto abbastanza.
Sali in sella alla tua Ducati oppure allaccia la cintura di sicurezza a bordo del tuo BMW.
Decidi tu come partire, due o quattro ruote che siano.
Fai buon viaggio e almeno lassù prova a non sequestrare nulla agli angeli.
E se ti capitasse di distrarti durante i tanti posti di blocco che deciderai di fare, voltati verso di noi e continua a sorridere, convinto e certo che in fin dei conti ti abbiamo sempre voluto bene: "tutti".




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lunedì 6 settembre 2021

Molte delle ore antecedenti alla nascita di Lorenzo le abbiamo trascorse così, riconoscendo nel dentro e nel fuori due grossi protagonisti di un'attesa durata quasi dodici ore.
Nell'andirivieni di via Ventimiglia, tra decine di caffè bevuti in decine di bar diversi e toscanelli fumati sopra panchine di periferia sbiadite dal sole, ho riavvolto un nastro.
La mia vita rivista al sapore di caffeina e tabacco tostato, perennemente impegnato a ricercare un po' di fresco in una giornata picchiata dal sole.
Il dentro e il fuori, le telefonate del "ci siamo" e quelle del "è ancora presto", i tracciati attestanti le contrazioni e i momenti di recupero.
Che altalena la nostra esistenza.
Viviamo gioie e dolori come fossero prevedibili, ricercando gli uni ed evitando gli altri, festeggiando per le nozze e piangendo per le separazioni.
Investiamo giustamente in ciò per cui crediamo valga la pena vivere, ma non sempre le cose vanno come avremmo desiderato.
Il relativismo dei nostri copioni recitati e imparati a memoria trasforma tutto in commedia, spettacoli fatti di atti e scene dove il rischio gioca con la speranza, l'impegno prende a calci i sacrifici non compresi e la rinuncia calcifica la noia rendendola deterrente per la fuga.
La gente parla, giudica e conclude.
Gli amici si schierano, i parenti spariscono e i figli crescono.
Bisogna ricostruirsi da soli, non c'è via di scampo.
Nessuno psicologo, nessun raggio di sole, nessun libro dentro cui trovare le risposte.
Ti avvicini nuovamente al portone della felicità e citofoni a uno di quei campanelli con le lucine sempre accese e ben incastonate dentro al telaio della speranza.
Non hai codici strani per aprirlo, ma sei obbligato a scegliere piano e residenza: gioia o dolore, forza o debolezza, entusiasmo o depressione.
Il condominio è alto e di abitazioni ce ne sono molte.
Il dentro e il fuori, una scelta inevitabile per abbracciare un posto caldo nuovo o continuare a vivere al freddo fuori da ogni nuova emozione.
Da quando sei arrivata tu la mia nuova casa non conosce perdite, gli intonaci sono saldi e i rubinetti non lacrimano più.
La tua forza è il mio scudo, la tua dolcezza il mio riparo e il tuo disordine la mia felicità.
Tu mi hai insegnato cosa sono la quiete, il silenzio e la pazienza, la generosità d'animo e l'ospitalità del cuore.
Di campanelli ne abbiamo dovuti suonare tanti; quando ci hanno aperto siamo entrati e abbiamo mangiato, bevuto e cantato con chi ci ha ospitato, ma quando ci hanno lasciati fuori, siamo andati via mano nella mano comunque sorridenti, pur avendo intravisto dietro le tende delle finestre qualcuno che ci osservava.
Con Lorenzo dentro sei stata esemplare.
Con Lorenzo fuori sei più adorabile di prima.
Per regalarlo al mondo hai sofferto con dignitoso silenzio, un prima e un dopo senza lagnanze, un dentro e un fuori fatto di sorrisi e ottimismo.
Quando mi hanno chiamato per dirmi che potevo salire da te, il mio cuore si è fermato.
Ho aspettato davanti a quella sala parto la fine del mio nastro, da solo e in silenzio, distratto dal solo rumore degli ascensori distanti che di tanto in tanto salivano e scendevano.
Mentre i titoli di coda si dissolvevano tra le pareti di quell'attesa, sei arrivata tu, distesa e sorridente sopra un lettino a rotelle, scortata da due fatine vestite con un camice verde.
Dentro e fuori.
Il dolore, poi la luce, quella vera, quella calda, quella che non avrei mai immaginato di rivedere dopo diciassette anni.
In quella sala parto ho guardato dove non avrei potuto guardare con Samuel e Christian vista la giovane età.
Ho cercato di non farmi distrarre da cose che avevo già visto, provando a concentrare la mia attenzione ad emozioni meno biologiche ma pur sempre vitali.
La vita, vista come ogni uomo dovrebbe vederla, nel dolore della mamma che ce la dona e nella gioia del papà che la riceve.
Grazie Eleonora, grazie per avermi regalato una notte di San Lorenzo in più.
Grazie per avermi donato tra le braccia un'altra stella, una stella caduta dal cielo sulla nostra casa, una stella accolta da tutti con indicibile amore, una stella che proteggeremo e cureremo insieme con l'amore dei suoi fratelli più grandi, dei suoi nonni, degli zii, dei cugini, degli amici, dei colleghi, di tutti quelli che come noi non hanno più voglia di aspettare dietro le sbarre di un ospedale o sotto il portone di un palazzo abbandonato, ma sentono il bisogno di rinascere ogni giorno per strillare di gioia tra un cordone ombelicale tagliato e una poppata famelica sorridente.
Sei il mio sorriso, il mio "va tutto bene', il mio ok preferito.
Stringimi forte adesso che puoi: Lorenzo è fuori e non è più dentro, per questo non avrò più paura di farti male.




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sabato 4 settembre 2021

È stata dura ma la notte è passata.
Il buio ha fatto spazio alla luce, il dolore alla gioia ed il pianto ai sorrisi.
Adesso goditi la tua nuova casa, apri gli occhi sul mondo e guardalo così come stanotte hai guardato noi.
Ti accorgerai che di buio quaggiù ne esiste ancora tanto e che sono molti a non avere ancora capito come bisogna abitarlo.
Dovrai essere forte.
Imparerai a far finta che sia fatto solo di luce, privo di temporali e vento freddo, ma anche quando ti sarà difficile trovare rifugio lontano dal grigiore delle stagioni più fredde, fermati e ricorda questa notte.
Io e la mamma ci prenderemo cura di te.
Scalderemo il tuo corpo accarezzandolo piano con gli oli più buoni, proteggeremo i tuoi pensieri dai lampi e dai tuoni delle piogge e culleremo ogni pianto fino a farti tornare a sognare.
Sorridi e lasciati accompagnare verso il sole che sta per scaldarti.
Chiedici ciò che vuoi e stai pur certo che grazie alle attenzioni che riusciremo a donarti, diventerai ricco, benestante e non bisognoso di nulla, perché avrai con te l'amore, quello vero, l'unico grande tesoro da custodire nella cassaforte del tuo cuore.
Lasciala aperta, spalancala al mondo e butta via la chiave.
Dona senza aspettative e perdona indistintamente da chi lo merita o forse no.
Se incontrerai l'odio, voltati dall'altra parte, se ti citofoneranno chiedendoti di andare ad insultare qualcuno, resta a casa con noi, e se troverai troppo insidiosa la strada sopra cui ti capiterà di viaggiare, fermati e torna indietro.
Samuel e Christian t'insegneranno a giocare a calcio, le nonne a cucinare e i nonni a potare le piante.
Io e la mamma ti ameremo per sempre, e questa sarà l'avventura più bella che il destino poteva riservare alle nostre vite.
Ben arrivato a casa Lorenzo.
Vado a farmi incidere il tuo nome sopra un bellissimo fiocco azzurro perché dentro la mia anima ci sei già.




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sabato 19 giugno 2021

Vederti venirmi incontro.
Io spettatore curioso e entusiasta davanti a un cancello chiuso e tu maggiordomo stanco e felice dentro un'oasi a forma di paradiso.
Un cappello da cowboy, un paio di pantaloncini lerci e due gambe nere smagrite dal movivento.
Scarpe antinfortunistica a dettare il tempo e braccio alto a manifestare il benvenuto.
Un saluto, due domande e via.
Ieri ho gustato la tua ricchezza interiore come forse non avevo mai fatto prima.
Hai aperto la tua reggia ai miei occhi come fossi una guida impeccabile, sempre impegnata ed attenta a soddisfare le aspettative del primo turista in visita nel regno che hai tanto sognato.
Siepi e alberi, piante e fiori, ghiaia da battere e viali da drenare.
Punti fissi e ben segnati a ricordare la vecchia baracca del nonno che giaceva in quel giardino prima ancora che tutto venisse reinventato.
Un esterno da respirare tra i canti degli uccelli e un interno da immaginare nel profumo del legno trattato.
Traspariva emozione dalla tua anima, parole e gesta che illuminavano ogni cosa di luce vera nonostante nessun impianto elettrico fosse stato ancora posato.
E poi immaginare ciò che ancora non è stato piantato, passeggiando dentro un immaginario viale dei ciliegi a forma di S pronto ad accogliere ogni sagra nel periodo della fioritura.
Le due querce più grandi, quella più vecchia e robusta a ricordare il forte Samuel, quella leggermente più giovane e introversa il silenzioso Christian.
E poi intravederne una appena piantata ma già colorata da qualche fogliolina verde: il piccolo Lorenzo pronto a crescere vicino a due fratelli che già gli fanno già ombra.
Sentirti raccontare ciò che hai immaginato per questi ragazzi mi ha fatto rabbrividire di gioia.
Avrei voluto abbracciarti e piangere con te per quello che avevi appena finito di raccontare, ma sai bene che noi pastori lucani non siamo molto bravi a lasciarci trasportare dalle emozioni.
La consegna ufficiale di tutte le chiavi del paradiso, un giro di boa a provare le serrature possenti che hai predisposto e un'ultima apertura e chiusura del cancello principale per verificarne l'efficienza...da rivedere.
Hai reso questo momento da te tanto atteso, unico e magico, ricoperto di dolcezza vera e fiducia sincera.
Stanotte pensavo che quella chiave smarrita nel nulla forse è stato il nonno a portarsela in cielo per aprire lassù chissà che cosa.
Magari sarà caduta per distrazione dalla tasca del tuo pantaloncino usurato o forse dimenticata per errore sopra una tavolozza impolverata perduta in giardino.
Oggi alzo lo sguardo e immagino di tenerti al mio fianco a osservare quella lotta intrapresa nel cielo azzurro tra un falchetto e tre gazze.
Il nonno che se la ride più in là, seduto all'ombra di Samuel e Christian a coccolarsi un Lorenzo da far crescere.
Musica, danza e voci, vino, sole e fisarmonica, padri, madri e figli, tutti seduti a un tavolo quadrato a raccontarsi la vita e la bellezza di un sogno.
Spero di ubriacarmi presto nel tuo rebuscio per barcollare a destra e a sinistra di gioia viva.
Pochi riusciranno subito a comprendere fino in fondo la grandezza di ciò che hai realizzato.
Non è semplice farlo ora, ma presto tutto sarà profumo di carne alla brace, fumo alto che si alza verso il cielo e ricordo di ciò che era a favore di quel che sarà.
Grazie Marco.




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