lunedì 27 settembre 2021

Stazione Porta Susa di Torino. Saliamo alle 14:29 sulla carrozza 5 del treno ITALO 8147.
Io e Giorgia occupiamo i posti associati ai nostri biglietti.
Sono il 35 e il 36.
Viaggiamo in direzione Roma per un un appuntamento di lavoro che ci vedrà impegnati domani mattina alle 11:00.
In questo istante ITALO sfreccia nella direzione opposta alle nostre sedute, ma fino a qualche ora fa non era così, perché la visione del panorama offerto dal nostro finestrino era regolare e priva di sorprese.
Posti occupati e posti vuoti.
Gente che legge e gente che dorme.
Qualche passeggero urla in lingua inglese perso in una videoconferenza di lavoro.
Due amici di viaggio poco distanti da noi, si raccontano avventure sessuali segrete e mai raccontate per timore di essere scoperti.
Il controllore è già passato due volte per sincerarsi del nostro regolare permesso di soggiorno in questo mondo malato.
Prima il green pass, poi il biglietto.
Questi uffiiciali vestiti da vigili col leprotto dorato, sembrano tutti incazzati.
Danno l'impressione di voler godere nel beccare qualche abusivo o disattento al rispetto delle regole imposte da questa emergenza chiamata COVID-19, che molto di più si respira rimanendo seduti sopra i sedili grigi di questo quadrupede da corsa rosso.
La macchinetta del caffè ha prezzi improponibili.
Aspettiamo di arrivare a destinazione per colorare di caffeina le nostre labbra.
Le comunicazioni che preavvisano la stazione di arrivo sono in italiano prima e in inglese dopo: snervanti e assordanti perché ripetitive e metalliche.
Mi chiedo se tutti questi volti spaventati coperti dalle mascherine più strane abbiano nascosti gli stessi sorrisi che un tempo coloravano questi viaggi.
Non riesco a decifrare cosa passa nella mente di tutti gli zombie impauriti seduti e immobili come noi.
Nessuno riesce più a perdersi osservando la vita che sfuma veloce fuori dai finestrini che il caso gli ha assegnato; da contro tutti sembrano esperti ad incrociare lo sguardo di chi come me si alza per andare in bagno e si sente fotosegnalato dagli accertatori dela corretta posizione della mia mascherina.
Poveri noi, schiavi delle paure che ci hanno iniettato e soggiogati dalle stampe delle certificazioni verdi.
Non vedo l'ora di arrivare a Trastevere, lì dove portano tutte le strade, per sedermi a un tavolo all'aperto e gustare di quella libertà dimenticata che oramai in posti come questi non si respira più.
E pensare che per gli uomini i treni della speranza dovevano rimanere solo un brutto ricordo, eppure in viaggi come questo la stessa speranza mi va d'immaginarla come l'ultima sorella a dover morire.




meraklidikos@gmail.com

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