sabato 11 settembre 2021

11 settembre 2001/11 settembre 2021

Quella mattina eravamo a Potenza.
Ci trovavamo all'interno dello Stadio "Alfredo Viviani" per seguire l'allenamento  pomeridiano della squadra locale.
Samuel aveva appena 2 mesi di vita, era nato il 5 luglio, ed io gli avevo promesso che lo avrei portato quanto prima in quell'ovetto sulle gradinate della mia curva preferita a vedere il Potenza.
Ricordo che frignava in braccio al nonno che non vedeva l'ora di commentare esercizi e scelte tecniche dell'allenatore Pasquale Arleo, reduce da un triplete dilettantistico niente male.
A Potenza, almeno all'epoca, c'era l'abitudine di entrare e uscire dallo stadio durante gli allenamenti per andare a gustare il caffè da Locatelli, una caffetteria antistante l'ingresso principale del campo sportivo.
Amici e tifosi sconosciuti, entravano e uscivamo da quell'ingresso commentando sempre e rigorosamente in dialetto quello che accadeva prima dentro e poi fuori.
Un mondo colorato solo di rosso e di blu, ed uno rumoroso e fastidioso fatto di notizie e pettegolezzi che arrivavano da pianeti diversi ben lontani dal tempio sportivo del capoluogo lucano.
Noi uomini del nord rimanevamo sugli spalti incuriositi da tutto questo, sempre attenti ad osservare il campo di gioco e perennemente pronti a commentare ogni passaggio.
Ricordo che un tifoso si sedette di fianco a noi raccontando di aver visto alla televisione del bar Locatelli che un attacco terroristico senza precedenti aveva colpito gli Stati Uniti.
Ovviamente vi risparmierò il testo stracolmo di imprecazioni in stretto dialetto potentino, condividendone la sola traduzione in italiano.
Una vera e propria dichiarazione di guerra, aveva colpito gli Stati Uniti.
Erano le 14:45 circa sui nostri spalti, le 08:45 in America.
Un aereo si era schiantato contro una delle torri gemelle del World Trade Center a New York.
Sembravamo tutti robot impietriti, tifosi trasformati in manichini inconsapevoli che quel film fosse solo all'inizio perché da lì a poco sarebbe continuato.
Infatti tutto ciò che accadde di seguito è tragedia che ha scritto la storia, una triste storia.
Alle 09:05 un secondo aereo si schianta contro l'altra torre del World Trade Center.
Alle 09:33 si apprende che uno degli aerei kamikaze era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da Boston.
Alke 09:40 la polizia americana comunica ufficialmente alle persone vicine al World Trade Center che un terzo aereo sarebbe potuto avvicinarsi alle due torri, ma alle 09:45 un incendio brucia mezzo Pentagono.
Alle 10:07 il primo grattacielo colpito a New York non c'è più.
Stessa cosa accade alle 10:27 alla seconda torre del World Trade Center.
Morti e feriti non si contavano e i nostri commenti calcistici si trasformarono in tristi considerazioni indirizzate ai responsabili di quella tragedia.
L'entusiasmo di sentirsi parte fino a quel momento di un puzzle fatto di cori e striscioni che sigillavano una passione, rese tutti nomadi, traghettati e confusi in un mondo decisamente più realistico, fatto di sangue e macerie.
Oggi Samuel ha vent'anni, studia Lettere classiche, torna allo stadio potentino appena può, ma legge ancora di quell'attentato.
Il Potenza è in serie C, il bar Locatelli continua a preparare caffè ma l'Afghanistan è in mano ai talebani, con donne rinchiuse e coperte dal burqa e bambini intrappolati che non sapranno mai cosa vuol dire tifare per una squadra di calcio.
Il nostro mondo è rosso e blu come lo era allora, giallo e verde da qualche parte, azzurro e bianco in altri posti ancora.
Il calcio sembra la metafora perfetta per colorare l'occidente, ma è certo che dopo vent'anni i saccenti delle politiche internazionali non sono stati ancora in grado di sconfiggere il terrorismo, anzi, abbandonano definitivamente i civili disperati dalla repressione di questi carnevaleschi criminali.
Mi chiedo se fa male chi continua ad aspettare solo il weekend per entrare negli stadi a tifare per la propria squadra del cuore, disinteressandosi di quello che accade oltre i confini dei tanti "Alfredo Viviani" sparsi nel mondo, considerata la sconfitta a tavolino della partita contro il terrorismo.
Mi chiedo come si possa ancora accettare quanto sta accadendo a Kabul ed in tante altre città del mondo, rivedendo ripetutamente, in una giornata come questa, le immagini in televisione di quelle torri che si sbriciolano come pan grattato.
Mi chiedo se ci sarà mai un giorno in cui potrò godere dopo ulteriori vent'anni con mio figlio Lorenzo, di un mondo diverso, fatto di cori che inneggiano alla pace e striscioni che raccontano la solidarietà per i più deboli, quella vera e priva di armi.
Io a questa curva sul mondo ci credo, devo crederci, perché la bellezza di ciò che non crolla vale più di ciò che uccide in nome di un Dio.
A questo punto è meglio che la fede rimanga esclusivamente calcistica, piuttosto che averne una capace di tirare giù altre torri.
Onore agli americani dispersi, a quelli deceduti e a chi racconterà per sempre quella tragedia seduto sopra una sedia a rotelle.
Noi però non rimaniamo comodi al bar Locatelli a gustare un caffè, oppure sulle gradinate colorate a commentare le diagonali difensive degli altri, perché per difenderci da questi terroristi purtroppo non basterà cantare, ma scendere in campo.




meraklidikos@gmail.com

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