domenica 30 agosto 2020

Mi chiedi di scrivere qualcosa per te: ecco, ti racconto l'importanza del saper osservare.
Sai qual è la risposta più plausibile alla domanda meno scontata?
Il significato tra il conoscere e il riconoscere.
Riconosco perché conosco; non potrei mai riuscire a riconoscere qualcosa che non ho mai conosciuto.
La bellezza nascosta dietro tutto questo apparente gioco di parole, è pari al tramonto di un sole che chiede al mare di custodirlo per una notte.
Solo dopo aver conosciuto ciò che la vita ha voluto presentarci, potremo un giorno salutare e ringraziare quello che incontreremo.
Riconoscere l'amore da vivere, ma anche l'odio da annientare.
Riconoscere la felicità da regalare, ma anche il dolore da curare.
Riconoscere la pace dell'anima, ma anche le guerre interiori che logorano le anime.
Viaggiare è osservare, da ogni finestrino che ci capita di abbassare.
La vita è saper apprezzare ogni segno conosciuto, accompagnato dalla speranza di riuscire a riconoscerlo un giorno tra i ricordi più belli mai visti prima.
Oggi posso dire di averti riconosciuto: non ti conoscevo ma sei stata alba da vivere sin dalle prime luci del mattino
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meraklidikos@gmail.com


martedì 25 agosto 2020

Un matrimonio che dura così tanto non è un matrimonio; commette un grosso errore chi lo considera solo un traguardo da festeggiare.
Un matrimonio che dura cinquant'anni è un miracolo, un sorprendente ed inaspettato podio che solo il sacrificio e la dedizione possono permettere di conquistare.
Giorno e notte, albe e tramonti, sorrisi e lacrime, soste e ripartenze.
Figli, diversi ma uguali, da allattare in attesa dello svezzamento, da educare sperando di vincere, da amare anche quando si è perso in partenza.
Figli, vicini e lontani, da aspettare e da salutare, da perdere e da ricercare, da accarezzare quando restano svegli e da sgridare quando Morfeo li ha custoditi.
Figli, silenziosi ma prevedibili, sfacciati ma insostituibili, indispensabili ma destinati ad abbandonare il nido.
Il vostro miracolo è compiuto; il mondo ne ha parlato ed in tanti sono accorsi a toccare con mano che tutto era vero.
Vi abbiamo abbracciato, coccolato e festeggiato; qualcuno ha pregato per voi, qualcun altro ha goduto delle vostre emozioni, qualche estraneo ha sorriso nel vedervi felici.
Io vi ho riscoperto bambini, persi dentro al tempo che vi ha invecchiato, incollati dalle urla delle vostre discussioni e imbarazzati dalle rughe dell'anima che ancora oggi raccontano di voi come due sposi follemente innamorati.
Il vostro miracolo è compiuto, e non lo abbiamo toccato con mano solo noi.
Qualcuno si è alzato e a ripreso a camminare nella direzione del sole dopo aver vegliato da lontano nelle tante notti insonni che siete stati obbligati a trascorrere.
Le lacrime di sangue versate dai volti delle statuine collezionate negli anni, oggi si sono trasformate in lacrime di gioia, asciugate e cancellate dall'affetto di chi ha deciso di circondarvi d'amore.
Il sepolcro del vostro matrimonio si è aperto e la luce che i vostri figli e i vostri nipoti sono stati in grado di darvi, ha fatto sì che quella che tutti considerano la tomba dell'amore diventasse podio di vita da invidiare prima e da imitare dopo.
Tutto è compiuto: dall'argento all'oro in attesa della mirra, senza incenso referenziale a fare da contorno a un amore semplice donato a chi vi ha conosciuto.
Che i vostri cinquanta diventino un diamante, da incastonare nell'anello più grande, nel pendente più bello, negli orecchini più preziosi.
Conservate questo gioiello nella cassaforte più sicura, acquistate piena consapevolezza della vostra ricchezza e continuate a fare splendere la luce del vostro amore per tanti anni ancora. 
La vita vi ha sorriso e sarebbe un peccato farsi derubare dal primo passante un bene prezioso come quello che siete stati in grado di custodire.
Siete due rompiscatole ma, nonostante tutto, non vi cambierei con nessun altro genitore al mondo.
Auguri mamma.
Auguri papà.




meraklidikos@gmail.com



martedì 11 agosto 2020

Riconoscersi deboli, fragili, incapaci di non riuscire più a costruire quello che fino a qualche tempo prima consideravamo la gioia più grande, la naturale e spontanea capacità di riconoscersi in ciò che prendeva forma costruito dalle nostre passioni.
Libri scritti dalle nostre penne, quadri disegnati dai nostri pennelli, brani composti dal nostro estro e cantati dalle voci di altri.
Podi conquistati dal sudore di risultati raggiunti a fatica, restauri curati nei minimi particolari, orti ordinati, collezioni incrementate, riviste consumate.
Capita di perdersi, di non avere più nulla da scrivere, da disegnare, da comporre.
Capita di smarrire ogni riferimento, di mettere le mani in tasca e non trovare più la bussola che orientava, il mazzo di chiavi che apriva, il paio di occhiali che tutto metteva a fuoco e tutto rendeva più chiaro.
Capita di domandarsi se conta di più concentrarsi sui km percorsi dalle nostre aspettative oppure sulla velocità con cui decidiamo di lasciarle alle nostre spalle.
Ogni viaggio è un libro da scrivere, un quadro da disegnare, un pezzo da comporre.
Ogni viaggio è un podio da conquistare, un restauro da concludere, un orto a cui dar vita.
Ogni viaggio è una collezione da accrescere, una rivista da terminare, una partita nuova vincere.
Ogni vita sta al viaggio come ogni viaggio sta alle passioni con cui decidiamo di condirla.
La debolezza e la fragilità del sentirsi a volte incapaci è solo la conseguenza degli antibiotici futili che il tempo ci impone di ingerire, riuscendo persino a farci sentire ammalati di depressione, autismo o dislessia.
E pensare che quand'ero ancora bambino e mi sbucciavo le ginocchia sull'asfalto dei campi di calcio improvvisati sotto casa, di certe patologie non se ne sentiva ancora parlare.
Viaggio e con la coda dell'occhio memorizzo i km che vanno e non torneranno mai più.
Corro, rallento, accelero e decelero.
Il solito orizzonte non è più lo stesso ed io non voglio andare via da tutto questo, non adesso.
Mi accorgo che prima che la spia della riserva mi si accenda, posso fare ancora tanta strada e, come per magia, il contorno della provinciale che percorro diventa passione.
Stazioni di sevizio a forma di libri, asfalto con note musicali e segnaletica stradale incorniciata in quadri da esporre in gallerie diverse da quelle che dividono la luce e il buio dei miei alti e bassi.
Arriverà un giorno in cui qualcun altro ritroverà le nostre bussole, metterà gli occhiali per vederci meglio e, con il mazzo di chiavi che gli lasceremo in consegna, aprirà i caselli del suo viaggio per godersi il panorama che grazie a noi saprà apprezzare.
Prendo in mano la mia penna e ricomincio a raccontare ciò che incontro, affinché ogni pensiero diventi musica da cantare e ogni pagina scritta emozione da ricordare.



meraklidikos@gmail.com

giovedì 6 agosto 2020

Quando Antonio decideva di abbracciarti, ti abbracciava e basta.
Era completamente disinteressato della forma e della prassi: stringeva forte, quasi a voler diventare un tutt'uno con la sua preda a cui aveva deciso di trasmettere calore.
I suoi abbracci non erano come quelli che di raro ci scambiamo noi.
Quando Antonio decideva di raccontarti un aneddoto, te lo raccontava e basta.
Era un fiume in piena che travolgeva ogni tentativo di farla franca per riuscire a tornare a lavorare.
Non potevi mai fare a meno di dargli retta altrimenti ti avrebbe comunque inseguito per arrivare alla fine della sua riflessione.
Quando Antonio si accorgeva del tuo malumore, inevitabilmente ti sorrideva, ricordandoti che "tutto si risolve, perché la vita è bella e nulla può essere più importante della buona salute".
Cì, quanta gente ti ha voluto bene tu non lo immagini neanche.
Ti ricordi quando sei stato investito in moto tanti anni fa?
Corsi in ospedale a trovarti e ridendo sulla barella mi dicesti:
- Cì: te l'avevo detto.
Quando mi vedi in verticale va tutto bene, ma quando sono orizzontale come adesso ti devi preoccupare.
E comunque neanche all'inferno mi vogliono!
Altro che inferno: oggi il paradiso te lo sei guadagnato a punteggio pieno.
Ridevi...
Ridevi...
Ridevi...
Sempre e comunque!
Addirittura sei riuscito ad addormentarti per sempre salutandoci col tuo sorriso.
Ti ricordi l'impianto hi-fi che avevi sulla tua vecchia Lancia Y?
Valeva di più dell'intera macchina, eppure…quante cantate a squarciagola coi finestrini aperti nel cuore della notte di Torino negli anni della Valdocco.
Avevi delle pillole di saggezza che solo dalla tua bocca potevano uscire:
- Cì: le donne sono come un libro aperto  ed io "CI" strappo le pagine...
Stamattina ho sentito Sonia, mi ha passato il piccolo Gabriele; le ha detto che ero un tuo amico, un tuo collega, e lui sai cosa le ha chiesto prima di parlare con me?
"Anche lui è volato in cielo come papà"?
Anche il mio cuore si è fermato, eppure sono qui, vedi?
In fin dei conti noi tutti non siamo così diversi da vivi o da morti, basta annullare ogni attimo orizzontale per sentirci verticali in eterno.
Forse la verità sta proprio qui, nel provare a sentirti sempre vicino, nel vederti ridere, nel vederti fumare, nel vederti bere caffè, nel considerarti presente, qui, vivo in mezzo a noi.
Resto in silenzio e continuo ad aspettare che tu me lo chieda ancora, con la tua sigaretta tra le mani e quel sorriso permanente che t'illuminava il volto:
- Cì: lo vuoi il caffè?
No, non doveva finire così.
Non per te, per la tua onestà d'animo, per la tua sincera voglia di perdono, per la tua rara sete d'amicizia.
Antò: io non ce la faccio proprio a non immaginarti più dietro quella scrivania che delimitava il tuo regno stracolmo di reperti, con quelle mezze naturali abbandonate in ogni angolo e i tuoi cassetti disordinati stracolmi di ogni cosa.
Qualche settimana fa ero venuto in Commissariato a recuperare le mie divise; qualcuno a telefono mi aveva riferito che avrei dovuto liberare quanto prima l'armadietto.
Era dal giorno del mio trasferimento che avrei dovuto farlo, eppure, chissà perché, vivevo serenamente l'idea di poter continuare a rinviare sapendo che a vigilare sulle mie divise c’eri tu.
Ero certo, però, che semmai fossi stato obbligato ad organizzare quel trasloco, uno dei pochi disposto ad aiutarmi, saresti stato proprio tu.
- Cì: ma perché non te ne torni qua?
Caro amico mio: col senno di poi, se avessi saputo che tornare in Via Verdi sarebbe servito a riabbracciarti ancora una volta, lo avrei fatto sul serio.
Piango, e continuo a domandarmi quante giornate tristi come queste dovranno ancora passare prima che la nostra famiglia in divisa capisca che siamo "poca cosa", e che è dentro ogni nostra vita che bisogna imparare a volersi bene, proprio come tu ci hai insegnato a suon di sorrisi.
Cì: diglielo tu a chi non ci crede ancora.
Continua a farlo dal Paradiso, come hai sempre fatto tutti i giorni nel cortile del Commissariato, con le stesse buone maniere e gli infiniti e forti abbracci che hanno premiato la tua esistenza qui in terra.
Stringici ancora, uno per uno, e chiedici ancora una volta se abbiamo voglia di bere un altro caffè.
Gustiamolo insieme, davanti a quella macchinetta rumorosa che inevitabilmente ci farà ricordare di te
Tirala fuori quella chiavetta rossa stracarica d'amicizia e offrine ancora uno a tutti, perché il sapore amaro e privo di zucchero che sei riuscito a lasciarci in bocca, non ci abbandonerà mai.
Sei vivo, sei dei nostri, lo sei sempre stato, e noi non lo dimenticheremo mai.
Buon viaggio verso il Paradiso Cì.. 



 

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