domenica 26 gennaio 2020

Sono passati quattro anni da quando Giulio è stato brutalmente ammazzato; tutti sanno come è morto, ma nessuno riesce a capire chi l'abbia ucciso materialmente.
Non ritengo sia importante continuare a stampare tesi di laurea che raccontino cosa ci facesse in Egitto, quanto punzecchiasse con i suoi scritti e chi infastidisse col suo megafono.
Magari non avrei neppure condiviso le sue verità perché per me non erano tali, ma Giulio non meritava di morire come un cane, perché nemmeno un cane meriterebbe di morire come è morto lui.
La diplomazia internazionale dovrebbe pretendere di conoscere la verità dalle carte processuali e non dalle barzellette di un faraone in cravatta riesumato dalle cantine di una piramide.
Il garantismo della giustizia non è confinato dentro i diritti sacrosanti (quasi sempre) dei singoli paesi, eppure ogni volta che qualcuno titolato a ricordarlo ne pretende il rispetto, non arrivano che ritorni inutili e paradossali che invecchiano col tempo e lasciano decantare ogni lecita aspettativa.
La verità per Giulio arriverà, ma per adesso ci converebbe cambiare canale per non rimanere rabbiosi e incantati davanti al nulla.
Cerchiamo risposte che attendiamo da  tempo: ma di lui, purtroppo, ci parleranno ancora per molti anni, perché i geroglifici dei tribunali egiziani sono meno chiari dei nostri.
Mi dispiace Giulio: un abbraccio sincero a mamma e papà.




meraklidikos@gmail.com

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