martedì 28 gennaio 2020

Quando ero bambino sognavo di guidare gli autobus; a Potenza erano arancioni e la ditta che gestiva l'appalto dei trasporti pubblici si chiamava SITA.
Ricordo che a bordo si poteva salire solo dalla porta posteriore perché, seduto in coda a quei mezzi con i sedili in legno, c'era un bigliettaio attento a controllare gli abbonamenti.
Mi affascinavano le pubblicità appese sulle perimetrali dei tetti interni: non le leggeva nessuno tranne me, anche perché non cambiavano mai.
Erano sempre le stesse ed ingiallivano col trascorrere del tempo.
Il mio posto a sedere preferito non aveva sedile, infatti mi posizionavo sempre in piedi vicino all'autista.
Mi reggevo all'unica barra gelida che divideva l'abitacolo di guida dal resto del mondo, e osservavo ogni cosa.
Il volante, il cambio, i comandi delle luci, i pulsanti che aprivano e chiudevano le porte, gli specchietti e le spie.
Tutto danzava con le mani del conducente, con cui "non si poteva parlare"; anelli d'oro infilato nel dito medio e unghia del mignolo destro più lunga delle altre.
Calzini bianchi infilati dentro mocassini neri che ballavano il tip tap sopra pedali enormi che parevano palette da neve.
Quando ero bambino sognavo di guidare gli autobus; oggi a Torino sono diventati azzurri, ecologici e privi di quel gasolio agricolo che alimentava i trattori potentini.
Dentro le astronavi della GTT le pubblicità interne scorrono sopra schermi digitali da 30 pollici in HD, alternandosi ogni 10 secondi senza correre il rischio di ingiallire.
I biglietti non si obliterano ma si bippano senza tirarli fuori dalle tasche e i controllori salgono in coppia e in divisa d'ordinanza una volta ogni 10 viaggi.
Quando mi capita di salirci sopra, siedo sempre in fondo al canale centrale, lontano dal conducente ipnotizzato dal rispetto dei comandi automatici, privi di cambio e spogli di leve meccaniche.
I calzini bianchi non si vedono più: tutto è colorato di blu e ciò che allora pareva danza, oggi sembra marcia funebre.
Tutto si è robotizzato, anche le unghie e gli anelli d'oro, coperti da guanti in pelle forniti da dotazioni di reparto permanenti.
Quando ero bambino sognavo di guidare gli autobus: l'arancio della mia infanzia si è mescolato all'azzurro della mia mezz'età.
Che il capolinea si allontani.




meraklidikos@gmail.com

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