giovedì 23 gennaio 2020

Avevo promesso di spiegare presto e a tutti il perché della scelta di aver lasciato fuori dal blog la politica.
Penso che questa sia la notte giusta per farlo.
Provate ad immaginare che i nomi e i cognomi stampati sopra un immaginario citofono delle urne, siano riconducibili ad un partito presente oggi nel nostro panorama.
Davanti a quel citofono d'ottone, vedo una coda infinita di gente comune: dipendenti pubblici e privati, medici e infermieri, insegnanti e bidelli, meccanici ed elettrauti, operai in servizio e funzionari fuori servizio, eroi e furbacchioni.
Davanti a quel citofono d'ottone, vedo anche una coda infinita di tuttologi: cronisti e giornalisti, cantanti e musicisti, poeti capaci o incapaci sempre pronti a urlare con la pretesa di imporre le proprie rime.
Davanti a quel citofono d'ottone, vedo addirittura una coda infinita di camice colorate: bianche e nere, rosse e gialle, arancioni e verdi.
La coda continua, ma il mio sguardo si perde lontano dove nessun uomo riuscirebbe a vedere ancora.
A passo lento tutti si avvicinano a quel citofono, senza pensarci più di tanto scelgono un qualsiasi pulsante da pressare: lo pigiano con la speranza che qualcuno risponda.
Il portone resta chiuso: nessuno apre poiché nessuno è in grado di aprire, nonostante i comandi ben chiari e magistralmente assemblati vicino ai monitor degli impianti istallati ai piani superiori, laddove dimorano i burattinai di uno stivale privo di Mangiafuoco.
Il popolo continua a citofonare, la politica continua a non rispondere: speriamo non siano tutti morti.
Al freddo di solito ci rimane la coda, ma fuori dal mio condominio questa volta io ci lascio loro.




meraklidikos@gmail.com

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