martedì 14 gennaio 2020

Quello che vibra grazie alle emozioni è qualcosa di raro; non esiste sempre un giusto chiarimento per ogni sensazione che può essere vissuta.
Coltiviamo le nostre passioni senza renderci conto di quanto sazino le nostre anime; non le riconosciamo perché siamo disattenti ai mutamenti e concentrati al mantenimento.
Tasselliamo muri freschi appendendo locandine di capolavori che amiamo, oscuriamo targhe e telai per paura di essere controllati e archiviamo libri e fascicoli collezionati nel tempo trascorso.
Diamo luce nuova a ciò che invecchia al buio, piastrelliamo pavimenti per passeggiarci sopra e decoriamo pareti fredde per riscaldare gli ambienti.
Aspiriamo i detriti che logorano i pensieri e laviamo le polveri che puntualmente tornano a farci visita.
La passione di fare le cose che amiamo resetta ogni preoccupazione, ogni batticuore improvviso, ogni tempesta inaspettata, eppure, alla fine dei pasti, non riusciamo ad assaporare il buon gusto che ne deriva.
Che mondo sarebbe il nostro se tutte le Pedine messe in gioco dalla sorte si muovessero diversamente da come le regole degli scacchi hanno imposto loro?
Re carichi d'indipendenza e non più costretti a passi brevi, Regine ingabbiate in vestiti corposi e Alfieri privati delle diagonali improvvise; Cavalli liberi dal tre per due e sbizzarriti dal trotto libero e Torri non più immobili dentro gli angoli ottusi del perbenismo.
Fuori dalle scacchiere e lontani dalle ristrutturazioni forzate si vive decisamente meglio.
Dovremmo godere delle nostre passioni e imparare a riconoscere ciò che vibra veramente, perché con la pelle d'oca addosso, tutto diventa più gustoso.
Tale ricchezza non è una patologia da curare, ma un'esperienza da sperimentare.
Non siamo più in grado di togliere le batterie dagli orologi; agitiamo quotidianamente i polsi per non rischiare che i meccanismi automatici delle lancette si fermino: che grande danno sarebbe per le nostre maratone quotidiane.
Eppure ci sono oggetti che parlano del tempo usando toni più pacati; alcuni, per esempio, si raccontano nella quiete raggiunta alla fine di un restauro.
Restano in posa, silenziosi e pensierosi, osservando i nostri movimenti frenetici ed interminabili confidando in uno squillo risolutore, in una fiamma premonitrice o in una fumata nera che possa trasformarsi in bianca.
Respirare la pace di un conclave astratto che porti la gioia di un'evoluzione, un sigillo che sancisca l’avvenuta elezione del giusto equilibrio per ognuno.
Spolverare non è un problema; grave sarebbe non disporre in bella posa ciò che si ama, solamente per il timore di doversi assumere la grossa responsabilità di curarle con costanza.
La nostra bellezza vale quanto quella delle cose che apprezziamo, e la pregiata diversità che rende tutti collezionisti di emozioni da ricordare deve trasformarci in vetrine per il mondo, senza prezzi e senza saldi, prive di manichini e luci stratosferiche che, anziché valorizzare, oscurano ciò che evidentemente è già brillante.
Torniamo a usare le batterie per osservare meglio il tempo che trascorre, e se proprio non riusciamo a farne a meno, fermiamo i nostri polsi ogni tanto.
Tutto sembrerà restauro, tutto si trasformerà in buon tabacco profumato da far bruciare dentro una pipa, lentamente e seduti in poltrona, magari persi dentro un buon bicchiere di rum invecchiato che ci farà sentire pirati di un'isola che "c'è" e che finalmente abbiamo trovato.




meraklidikos@gmail.com

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