sabato 31 ottobre 2020

Avete mai osservato in silenzio un campo appena arato?
È apparentemente inutile, spoglio di senso e brutto da guardare.
Un terreno senza grano, privo di alberi e abbandonato dagli ortaggi non richiama l'attenzione di nessuno; non profuma, non colora, non riscalda.
Il suo piattume infastidisce; nella sua nudità trasmette rabbia e alimenta speranza: dentro l'estasi di una prospettiva futura, diventerà diverso se lo si immagina con gli occhi chiusi.
Grano alto, alberi fioriti, sinfonie suonate dal vento e foglie colorate dal tempo, musicanti piantati dentro il terreno della rinascita a raccontare il cambio delle stagioni che tutto rendono infinito.
Quando mi fermo e osservo un campo appena arato, mi capita d'immaginare le delusioni degli uomini, le loro stagioni buie, quelle fatte di solitudine, di tradimento e di sconfitta; riscopro il silenzio, l'esigenza del non voler pensare, il dolore dell'"ormai è fatta" e il riconoscimento della disfatta.
Tra i confini delle proprietà che ci stampiamo negli occhi, non si inquadrano più le cornici dell'esperienza trascorsa, l'aver imparato da ciò che si è sbagliato mescolato alla ricerca della buona volontà che ci mettiamo per non sbagliare più.
Le prospettive allontanano e i pensieri logorano: il sole che scalda le particelle dell'arido ha le sembianze di un mostro che punta il dito e rinfaccia ciò che sei, rimproverando ciò che saresti potuto diventare.
Capita però che quando tutto sembra compiuto, un fiore spunta dal nulla, solitario e smarrito, mansueto e inaspettato, privo di forze ma desideroso di crescere.
In lontananza arrivano i colori, dentro un futuro da riprendersi; nel mezzo alberi, rami, foglie e suoni.
Confini, profumi, umidità e voci, voci, voci, di chi osserva e applaude, di chi coltiva e raccoglie, di chi si stupisce e gioisce.
La nostra forza ridona vita, il nostro coraggio riaccende il cuore e la nostra sofferenza rianima i sensi.
Diventiamo frutta da condividere, grano da impastare e fiori da raccogliere, sorrisi gratuiti per chi osserva, abbracci stretti per chi resta immobile e parole sincere per chi ha voglia di riascoltare.
Il dolore è annientato, il piattume si trasforma, la solitudine diventa ricordo.
Ogni uomo è terreno fertile, ogni invidia può tramutarsi in risorsa e ogni sconfitta deve necessariamente prevedere una vittoria.
Non lo volevamo, eppure lo abbiamo fatto.
Non lo immaginavamo, eppure ci hanno visto.
Non ce lo aspettavamo, eppure è arrivato.
Il dolore lascia il posto alla rinascita che tutto annienta ma tutto alimenta.
Il lavoro trasforma il vuoto in ricchezza.
La natura umilia gli spettatori paganti e resetta gli abitudinari scrocconi.
Rimangono i curiosi e gli apatici privi d'identità: per loro dovremo aspettare il ritorno dell'inverno per congelarli ancora una volta nei sacchetti dell'indifferenza.
A ognuno il suo terreno e per ognuno tanto concime da spargere: la vita é sì faticosa, ma che soddisfazione gustarla nella sua completezza.




meraklidikos@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento