domenica 2 febbraio 2020

Era diverso tempo che avevo voglia di tornare in spiaggia per godermi lo spettacolo che regalava il sole quando nasceva dal mare; in quindici giorni ci ero andato solo una volta per provare a pescare a tradimento qualche seppia o qualche polipo con uno dei bagnini che mi aveva presentato mia cugina Luciana qualche anno prima.
Piero era un ragazzo a modo, che conosceva come pochi quelle albe e le correnti che le accompagnavano; era orgoglioso di raccontarmi che quelle pieghe impercettibili tracciate ogni giorno sopra il mare di Scanzano Jonico, avevano colori e angoli che nessun altro mare avrebbe mai potuto disegnare.
Quella mattina svegliai i ragazzi alle 05:00 in punto per rispettare l’appuntamento dato a papà dieci minuti dopo nella hall del villaggio. Il sole era in crescita, si alzava lentamente sul confine di un mare uniforme colorando di chiaro tutto quello che poco prima pareva spaventare ogni anima vivente ospite di quella rara location.
Sul bagnasciuga ognuno di noi ricercava nelle orme dei passi che disegnava un po’ di se stesso.
Papà aveva gli auricolari bianchi collegati al suo telefonino da venti euro: era di certo sintonizzato su Radio Maria per recitare il suo rosario mattutino e quotidiano; lo si capiva dalla cadenza con cui a voce bassa, di tanto in tanto si faceva scappare un “… piena di grazia, il Signore è con te...” e dopo un po’ “...prega per noi peccatori...”.
Samuel era assorto nei pensieri difficili di un sedicenne, quelli che non devi assolutamente interrompere con un gratuito ed apparentemente salutare “Samuel, tutto bene?”.
L’inevitabile risposta sarebbe arrivata puntuale per invitarmi a zittire e godere di quel silenzio disinteressandomi di lui, un po’ come fece la mamma sedici anni prima in discoteca.
Non aveva molta voglia di raccontarsi al mondo; i suoi silenzi erano un monito chiaro a quanti inavvertitamente provavano ad impossessarsi del mondo che rappava nelle sue cuffie tutti i giorni.
Agli animali che collezionava da piccolino, preferiva i pesi da palestra e il libro dei quiz per il conseguimento della patente.
Samuel era diventato un uomo, e se un tempo non molto lontano contemplavo la sua pacata adolescenza stazionare tra i pali di una porta di un campo di calcio, quella mattina me lo ritrovavo a inseguire un pallone a forma d’istante che correva sempre più
velocemente di lui.
Un portiere, un difensore e un centravanti per vivere in difesa, a centrocampo e in attacco: la marcatura ideale per la mia esistenza, dove una rete realizzata al novantesimo minuto, trasmetteva la soddisfazione di aver portato a casa un gran bel trofeo.
Christian giocava con un ramo rigido recuperato poco prima nella pineta che portava al mare; si divertiva a disegnare campi di calcio sul quel bagnasciuga. Campi diversi, di ogni tipo e sagoma, con numerosi calciatori a forma di puntini che occupavano
le aree delle porte irregolari.
Infine c’ero io, ultimo soldato di quella colonna di avventurieri mattutini, sembravamo pirati
di noi stessi, ricercatori ognuno del suo tesoro; una ricerca che col trascorrere dei minuti diveniva sempre più gradevole grazie alla luce che cominciava a disegnare le nostre ombre davanti ai nostri passi.
Dopo aver camminato per circa un’oretta, io e Samuel ci sedemmo a pochi metri l’uno dall'altro guardando il mare, mentre papà e Christian continuavano a raccontarsela poco distanti da noi, commentando come due veri cronisti gli stadi ai loro piedi oramai privi di misteri gloriosi che riecheggiavano nelle orecchie.
Ogni rosario era finito e non c’erano più Ave Maria disponibili con cui potere ringraziare il cielo per quanto di bello stavamo vivendo in quegli attimi assieme.
Decisi di rispettare il suo silenzio concentrandomi su cosa avrei potuto portare a Torino con me alla fine di quella vacanza, a testimone di un unico indelebile pensiero, voluto e desiderato.
Concentrarmi...
Ero alla continua scoperta di un nesso imboscato dentro questa pratica, e finalmente arrivò con le prime tre cose che mi vennero in mente, quali obiettivi ricercati da tempo e maledettamente sfuggiti a causa delle distrazioni inevitabili che scrivevano
la mia quotidianità lontana da quel posto: Conforto, Convinzione e Consapevolezza, tre tesori nascosti dentro uno scrigno che, come la stessa Concentrazione che me li aveva fatti incontrare, iniziavano tutti con un “con”; tre lettere, una preposizione semplice ma articolata che dà perfettamente il senso dell’insieme, dell’unione, dell’ennesima perla luccicante che arrivava a far compagnia alle altre già custodite: era la Condivisione di quel momento.
Capii che tutto era compiuto; trovavo conforto in quel paradiso, riflettendo sul fatto che fino a quel momento avevo vissuto nella stupida presunzione che i tramonti mi appartenessero più delle albe.
Tutta quella quiete stravolgeva ogni certezza raccontandomi che non era così.
Assaporavo la sicurezza che la mia vita doveva assolutamente prendere una piega diversa, e l’immagine che avevo davanti agli occhi di mio padre che si allontanava sempre più per
giocare con Christian, col trascorrere del tempo me ne dava la riprova.
Gustai la consapevolezza di questo stato d’animo facendo pace con me stesso e riponendo ogni cosa al posto giusto, provando a smettere di volerla cancellare per sempre, ma ricercandone una collocazione più idonea e addirittura favorevole per imparare ad amarla, per imparare a coccolare ciò che fino a quel momento avevo puntualmente e costantemente disprezzato.
La mia estasi venne interrotta dalla voce di papà, che in un dialetto stretto più di quanto si possa tradurre, mi domandò che cosa avessi di così importante da scrivere sul mio taccuino in un momento così bello; me lo aveva regalato qualche anno prima una mia vecchia amica, scrivendomi con una penna rossa sulla copertina di cartone beige, una frase che pareva dare il titolo all'intera agendina: “May your dreams come true”.
Papà aveva ragione, non c’era più tempo per le parole.
Era ora di rialzarsi e tornare indietro per rifare su quel bagnasciuga un viaggio di ritorno, dove i campi di calcio di Christian erano stati parzialmente stravolti dalle onde.
I fantasmi delle nostre ombre non anticipavano più i nostri corpi, ma rimanevano dietro ad accompagnare i raggi del sole che cominciavano a scaldare sul serio.
Raccolsi tre conchiglie e Christian, col suo innato senso di perfezionismo, mi rimproverò perché a suo parere ce n’erano di più belle rispetto a quelle che tenevo in mano.
Gli spiegai che, in realtà, quando decidiamo di raccoglierle in riva al mare, non siamo noi a sceglierle, ma sono loro che scelgono noi; sbucano con i loro “con” a sorriderci per quanto abbiamo trovato e, conservandole nelle nostre case di ritorno da periodi di riposo come questi, ci aiutano a mantenere vivo il ricordo di quella che tutti un giorno potranno ricordare come un’emozione vissuta intensamente.
Il tempo della luce era giunto per tutti, mamma stava aspettando i suoi pirati col suo sorriso smagliante al tavolo che ci avevano assegnato due settimane prima: era pronta a consumare con noi una di quelle colazioni difficili da dimenticare nei giorni che
sarebbero arrivati.
Poggiai le tre conchiglie al mio posto, allineandole dalla più grande alla più piccola: le osservai con gli occhi lucidi di speranza, convinto che tutti quei “con” non mi avrebbero abbandonato mai più.
Ero tornato, e questa volta per sempre.
#unanottealcentralino




meraklidikos@gmail.com

2 commenti:

  1. Giorno dopo giorno,da quando ho assistito alla presentazione del tuo libro, mi ripromettevo di leggerlo.
    L'autenticità delle emozioni, della passione, della nitidezza dei sentimenti che trapelavano dalle tue parole, mi avevano colpito.
    Eri riuscito a trasmettermi la curiosità per intraprendere la lettura del tuo libro. Una curiosità ancora più arricchita dal fatto che fosse stato scritto da un " rappresentante delle forze dell'ordine", da un poliziotto, una figura da cui riusciamo a cogliere, con quella perniciosa superficialità che spesso riesce ad impadronirsi e ad offuscare le nostre menti, solo l'immagine immediata quanto severa di una divisa.
    Stentando semmai a cogliere che dentro quella divisa pulsa un cuore umano.
    Poi lo scorrere della vita, con i suoi affanni quotidiani, ma ancor più un indomibile quanto fastidiosa pigrizia personale, hanno avuto il sopravvento.
    Il tuo libro ha continuato a giacere fra le mie cose, avvolto nel suo silenzio.
    Lo stesso dignitoso silenzio con il quale hai saputo accompagnatre la mia maldestra indolenza.
    Bene, quel meraviglioso ponte e il tuo magico racconto sono riusciti a fare un altro miracolo.
    È giunto il momento che anch'io inizi a scoprire l'interessante vissuto del tuo libro.
    Grazie.

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  2. Bravo Rocco!
    Più lo leggo e più mi piace!
    Devo farti i complimenti! 👏🥇

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