giovedì 30 gennaio 2020

Quando un collega si toglie la vita, senza saperlo la toglie a tutti.
Ricevere un messaggio o rispondere a una telefonata che ne danno la devastante notizia, diventa sempre un suicidio di massa, dentro cui tutti noi uomini in divisa ci domandiamo perché è accaduto ancora una volta.
Io credo che le verità nascoste dentro questo bollettino di guerra, le conosciamo eccome, ma non è sempre facile parlarne quando qualcuno ci tappa la bocca.
Pensate che qualche luminare della prevenzione ha addirittura messo in piedi un osservatorio per monitorare gli allarmanti numeri che coinvolgono il fenomeno.
Si chiama ONSFO, uno strumento che "ai soli fini di ricerca, raccoglie tutte le informazioni raggiungibili dei singoli eventi suicidari nelle Forze dell'Ordine".
Peccato che le eventuali autorizzazioni di divulgazione, utilizzo o informazione riguardo ai dati sui suicidi, possono essere richieste al loro centro analisi, attraverso l’invio di una domanda all'indirizzo e-mail segreteria@cerchioblu.org che, udite udite, saranno valutate dal ricevente.
Qualsiasi azione supplementare successiva o altra azione intrapresa da terzi senza la loro autorizzazione scritta riguardo i dati dell'osservatorio sarà svincolata da qualsiasi responsabilità dell' "Associazione Cerchio Blu" e dei suoi analisti.
Torniamo al punto di partenza.
A partire da Gennaio del 2019, i suicidi registrati all'interno delle forze dell'ordine, sono stati 69; ieri sera a Torino, nei bagni della Questura, anche Peppino ha deciso di puntarsi la pistola in bocca e farla finita.
Brutale e impattante? Mi spiace, ma è così che bisogna raccontare una tragedia, con i colori scuri e freddi che la contornano.
Un'arma puntata dentro una bocca, sopra un cuore o appoggiata alla tempia.
Un grilletto e via, tutto diventa statistica e dispiacere bagnato da sangue e corpi martoriati nel fisico e offesi nell'animo.
Io lo chiamo il silenzio del non coraggio, ovvero il precludere la possibilità di chiedere aiuto per paura di essere giudicato.
Non potersi permettere di vivere un periodo emotivamente difficile, una situazione esistenziale particolare, una condizione sociale disastrata, un mobbing familiare. 
Spesso queste tragedie sono addirittura frutto delle conseguenze di una notizia legata alla salute, di una delusione amorosa o di una separazione che quasi sempre lascia affogare i protagonisti meno tutelati in una condizione economica umiliante.
Sentire addosso la stanchezza di turni sfiancanti e logoranti, senza avere alcuna chance di recupero autorizzato.
La strada sfianca: che vi piaccia oppure no, fare il poliziotto non è come lavorare in catena di montaggio, ma sembra che quando ci permettiamo di dirlo, tutto il mondo ci viene contro.
- Ma che cazzo vi lamentate?
- Siete statali e a fine mese lo stipendio vi arriva sempre e comunque!
- Non fate un cazzo eppure vi pagano.
Leggete bene i numeri che racconta il web: ogni cinque anni avvengono all'incirca 300 suicidi nel comparto della sicurezza, e questo fenomeno è esponenzialmente triplicato.
Stiamo combattendo una guerra senza accorgercene, dove ad uccidere non è sempre chi spara.
Senza se e senza ma: è il caso di intervenire, oggi e non domani, per salvare i tanti colleghi seduti in qualche angolo del nostro Paese che hanno già messo il colpo in canna.
Si investa in prevenzione saggia, in colloquio trasparente, in libertà di espressione.
Vogliamo sentirci liberi di urlare che non siamo più ciò che eravamo all'inizio, quei Robocop indistruttibili senza timori di sorta.
Vogliamo premere un grilletto diverso da quello della nostra pistola d'ordinanza, un grilletto in plastica impugnato con un megafono assordante che amplifichi le difficoltà stravolgenti del nostro equilibrio.
Vogliamo gridare che siamo stanchi di dover vivere sempre a contatto con la croce senza mai godere della testa.
Qualcuno aiuti chi non ce la fa perché non siamo tutti bravi a riconoscere un pericolo inconscio.
Essere in possesso di un'arma è una grossa aggravante; non servono il coraggio di arrivare in cima a un condomino o l'irrazionalità di legare un cappio a un palo.
Con una Beretta in mano basta un secondo e tutto è...orrore!
Facile ritirare la pistola, le manette e il tesserino a chi trova il coraggio di riconoscersi debole; molto più difficile è lasciargli tutto ed intraprendere insieme a lui un percorso che porti alla resurrezione e non a morte certa.
Ieri sera un Questore a me caro, nel bel mezzo di un sano confronto telefonico a seguito della notizia di Peppino, mi ha salutato così:
"Ritengo sia un malessere socialmente diffuso.
Avere un’arma a disposizione può incoraggiare; è un fenomeno trasversale che riguarda individui che operano in diverse realtà lavorative e geografiche.
Avremmo bisogno di psicologi nelle Questure che possano intervenire senza ghettizzare il personale che potrebbe esternare il proprio malessere, senza timore di essere confinato tra i reietti.
Nessuno di noi è un superuomo: dovremmo essere aiutati senza provare vergogna."
Lascio in consegna a tutti queste parole, confidando nell'evoluzione del peso che hanno: si trasformino in fatti concreti, ora!
Quando un collega si toglie la vita, senza saperlo la toglie a tutti.
Grazie Commendatore e...buon viaggio anche a te, Peppino.




meraklidikos@gmail.com

12 commenti:

  1. Condivido la tua analisi.. lucida, fredda e paurosamente veritiera.. quando si accorgeranno che è l'ora di corere..ma correre.. ai ripari? Grazie Rocco..
    p.s. : Un caro ed affettuoso abbraccio alla famiglia del compianto collega Giuseppe

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  2. Ai ragione ROCCO non posso aggiungere altro solo riposa in pace Giuseppe

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Purtroppo è tutto vero, splendida analisi.

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  5. e' una realta' molto triste …..di cui trasversalmente per via di un altro fatto ne avevo parlato con un tuo collega su fb….dicendo proprio questo che non c'erano controlli tolto i test psicologici che fate all'ingresso ….ma nell'arco della propria vita anche voi come tutti siete soggetti a qualche problema psicologico dovuto a fatti che accadono, purtroppo nessuno è indistruttibile. Forse l'andare del tempo e il portare un' arma fa insorgere un delirio di onnipotenza e allora si spara….oppure succedono casi come quello di Peppino. E' fatto grave che un poliziotto mi risponda se mi sento minacciato sparo….ah si!!! risposi: il tuo collega di Napoli ha sparato ad un cane che per altro non ha aggredito nessuno, ma era solamente confuso per tutto quello che stava succedendo ( parlo poiché nostri volontari Enpa sul posto hanno assistito ai fatti) impedendo pure di soccorrerlo. Più che aggressione sembrava un regolamento di conti magari chissà qualcuno stava sulle palle a qualcuno. Ma rincorrere di proposito un cane per sparargli in mezzo alla folla rischiando che il proiettile magari rimbalzi e colpisca qualcuno... questo mi fa pensare ad una persona non equilibrata da li dico pochi controlli poiché portate armi… E il misero test psicologico d'ingresso fatti anni prima non è una garanzia a vita.

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  6. Penso che tutte le forze armate dovrebbero avere un supporto psicologico a cui rivolgersi nei momenti no per evitare di prendere queste decisioni di togliersi la vita e nn solo ,,rip.in pace Giuseppe.

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  7. È un grido silenzioso verso il quale non si può far finta di nulla. È un'emergenza alla quale bisogna dare una risposta immediata. Gli agenti armati hanno bisogno di maggiori tutele, proprio perché hanno con sé pistole facili da utilizzare in momenti di debolezza. Garantire assistenza sanitaria in struttura (caserme, questure, commissariati) con psicologi tenuti a mantenere privacy e anonimato. Assistere, curare e intervenire, prescrivendo anche periodi riposo dall'attività lavorativa. Queste le linee da percorrere per evitare altre giornate tristi come questa.
    Forza ragazzi!

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  8. Ciao Rocco come al solito un'analisi profonda e corretta.....le tue parole non devono colpire solo noi,ma l'indifferenza del papà Stato....e sottolineo Stato....riposa in pace.....

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  9. Rocco grazie per farci partecipi, anche delle cose non piacevoli, un lavoro delicato molto direi... È stato un attimo dopo il buio. Ha scolvolto anche me questa situazione,che possa r.i.p.

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  10. Gentilissimo, sono il presidente dell'Associazione non profit Cerchio Blu (www.cerchioblu.org), indicata nel suo post.
    Innanzitutto vogliamo associarci al suo dolore per la scomparsa del poliziotto. Così come siamo vicini come associazione alle famiglie e ai colleghi di tutti gli appartenenti alle Forze dell'Ordine che si sono suicidati in questi anni.
    Non ci reputiamo “luminari della prevenzione”, ma soltanto un gruppo di persone che da anni dedicano volontariamente del tempo libero e le nostre competenze per divulgare e sensibilizzare l’opinione pubblica e le amministrazioni a una maggiore attenzione ai temi dello stress lavorativo specifico degli appartenenti alle FFOO, e mettere le nostre risorse e conoscenze a disposizione di chiunque le richieda.
    Le critiche ci fanno crescere e le prendiamo sempre volentieri per migliorarci, ma non le nascondo che questa volta siamo rimasti spiazzati, di solito le perplessità e le critiche ci arrivano da altre sponde.
    Forse dobbiamo spiegare meglio chi siamo per evitare fraintendimenti.
    Come scritto sul nostro sito web, siamo un’associazione Non Profit, con molti soci tra gli appartenenti alle FFOO che ci aiutano e ci sostengono.
    Abbiamo strutturato a nostre spese una rete di psicologi sul territorio nazionale che mettiamo a disposizione degli appartenenti alle FFOO che ne fanno richiesta, offrendo loro tre incontri gratuiti.
    Ci impegniamo ormai da molti anni per diffondere quanto attenzione e consapevolezza sul disagio lavorativo tipico nelle FFO e sul rischio suicidario, attraverso convegni e seminari gratuiti, e abbiamo fatto molta formazione finalizzata alla prevenzione del disagio a molti corpi di polizia.
    Abbiamo strutturato l'ONSFO un osservatorio NON ISTITUZIONALE sui suicidi nelle FFFOO in modo indipendente e autonomo, consci della delicatezza del tema e con il massimo rispetto per le famiglie delle persone che si sono suicidate, cercando di acquisire le informazioni sui casi di suicidio che si verificano. Questi dati ci sono inviati in vari modi e alcuni li raccogliamo direttamente dai media.
    Rispetto a quanto lei ha trovato scritto sul nostro sito le confermo che il nostro scopo è pressoché scientifico e non sindacale, e che riguardo ai dati completi del nostro osservatorio indipendente e non governativo, sono disponibili dopo averli richiesti con una mail alla nostra segreteria, dopodiché sono inviati ai richiedenti successivamente a una nostra valutazione.
    Siamo stati costretti a farlo proprio perché molti hanno strumentalizzato i nostri dati, modificandoli, o usandoli per scopi non preventivamente condivisi con noi.
    Inoltre, prima di divulgarli cerchiamo sempre di elaborarli e interpretarli correttamente. Solo per farle un esempio, i dati relativi ai suicidi che noi acquisiamo e che ci interessa elaborare sono quelli degli appartenenti alle Forze dell’Ordine (PS, CC, GdF, PP e PL) e non delle Forze Armate (MM, AM, Esercito e parte dell’Arma dei CC che non svolge compiti prettamente di Polizia). Non raccogliamo neppure dei dati sui suicidi dei VVFF oppure delle Guardie Giurate. Questo in linea con la letteratura internazionale, perché soprattutto noi intendiamo definire esattamente l’ambito ai soli operatori di polizia, per omogeneità e affinità professionale (qualifiche di PG, di PS e di Polizia Stradale).
    Questo ad esempio può creare delle diversificazioni dei dati tra quanto da noi pubblicato rispetto ad altri osservatori indipendenti presenti.
    Le allego un link (http://www.cerchioblu.org/cose-help-cerchio-blu/), di ciò che è attualmente visibile a chiunque sul nostro sito. Come vede i macro dati li divulghiamo. Mentre il report completo anni 2014/2019, che attualmente è nella fase finale di interpretazione sarà disponibile nelle forme da noi indicate.
    Concludo salutandola e confermandole la nostra vicinanza, restando a disposizione di chiunque voglia altre informazioni su chi siamo e fornirci supporto.

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    1. Gentile Presidente, la ringrazio per il contributo chiaro ed esaustivo.
      Chiarisco che l'accezione di "luminare" non era riferita a chi come voi si impegna con le modalità imposte da qualcun altro ad arginare il triste fenomeno dei suicidi, ma a chi, invece, dovrebbe sentirne maggiormente la responsabilità ed il peso, visto il delicato ruolo istituzionale che ricopre. C'è un tempo per il dolore ed uno per la riflessione. Spero che il vostro ed il mio contributo siano stati utili a smuovere l'attenzione dei preposti a modificare articoli di legge obsoleti previsti dall'Ordinamento e Regolamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza. La saluto, confidando in qualsiasi tipo di confronto futuro volto a fare in modo che le tragedie di cui ancora oggi tutti continuiamo a scrivere non si verifichino mai più.

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  11. Caro Meraklìdikos, mi inserisco nella conversazione a posteriori, invitando chi può a presenziare al convegno che si terrà il prossimo 26 febbraio ore 10.00 presso la sede del Consiglio Regionale del Piemonte di Palazzo Lascaris in via Alfieri 15 a Torino . Il convegno da me ideato assieme al Dott.Callipo dell’Osservatorio violenza e suicidi avrà un taglio scientifico : al tavolo anche il Cerchio blu assieme ad esperti del tema e problematiche connesse, un avvocato, altri psicologi ed un noto giornalista che si è sempre occupato di cronaca legata alle FFOO. Concordo con il presidente del Cerchio blu circa le strumentalizzazioni . Capitano e si rischia di perdere di vista il problema, che è grave ed è assolutamente una priorità parlarne. Per chi volesse sul mio profilo ho pubblicato la locandina con tutti i riferimenti

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